il manifesto, giovedì 20 aprile
Feltrinelli, staffetta anti precarietà
Da sabato scorso le librerie in sciopero a rotazione: «Salari e orari più equi» I lavoratori Prima erano considerati «librai», adesso sono semplici «commessi»
LUCA DOMENICHINI
Continua lo sciopero in sette città di tutta Italia, iniziato sabato scorso e condotto «a staffetta», per i mille e cinquecento lavoratori di librerie e megastore Feltrinelli. La più grande industria culturale italiana (che comprende anche i megastore Ricordi) si è fermata per la prima volta. E di per sé questo è già un evento storico per una catena di librerie e punti vendita di arte e cultura che si rifà al marchio della casa editrice fondata nel 1954 da Giangiacomo Feltrinelli, editore e militante dei movimenti extra-parlamentari di sinistra fino al 1972. «La Feltrinelli, alla fine degli anni Novanta, ha assunto una serie di manager e dirigenti provenienti dalle catene della grande distribuzione, anche alimentare, come Esselunga e Decathlon», osservano i lavoratori che hanno scioperato, «e oggi ne paghiamo noi le conseguenze». I megastore e i punti vendita della prima catena di librerie del paese sono rimasti chiusi a Roma, Milano, Napoli, Bologna, Piacenza, Ancona e Genova. «Per i prossimi giorni - spiega Jonas Onidi, Rsu sindacale nella sezione Duomo, a Milano - sono previsti però altri blocchi. Abbiamo vinto la paura di infrangere questo tabù, uno sciopero nella Feltrinelli, nonostante i tentativi dell'azienda di boicottare la protesta: nel nostro negozio, proprio mentre lasciavamo le casse, si sono presentati capi area e direttori». Per mettere le mani avanti, «cercando di scoraggiare i lavoratori a partecipare», scrivono il giorno dopo lo sciopero di sabato i lavoratori sul loro blog, creato per organizzare la mobilitazione in tutta la rete Feltrinelli in Italia (www.effelunga.blogspot.com). Ma quali sono state le ragioni dello sciopero? I motivi sono simili a quelli di tanti altri megastore italiani e multinazionali: «Mancanza di personale», spiegano i lavoratori della Feltrinelli, oggi chiamati i «commessi», secondo la nuova formula utilizzata per definirli, che ha sostituito il nome di «librai». «La situazione di sotto-organico è ormai cronica, siamo costretti a svolgere tutte le mansioni, senza alcun tipo di formazione professionale». Di più: i salari sono bassi. Raggiungono in media i 950 euro al mese per lavoratori con alle spalle spesso un curriculum di studi che arriva alla laurea. Ma non solo: i tre turni quotidiani - mattina, pomeriggio e sera - sono decisi «senza un anticipo sufficiente a permettere una organizzazione della vita e del tempo libero per i lavoratori - continua a spiegare Jonas Onidi - basta pensare agli orari e alle giornate di lavoro, che ci vengono comunicate soltanto con quindici giorni di anticipo. E nella Feltrinelli si lavora anche la domenica».Nell'ultimo periodo, inoltre, i lavoratori del gruppo editoriale fondato da Giangiacomo Feltrinelli hanno protestato anche per la riduzione dell'orario proposta dall'azienda, che ha presentato un piano per tagliare l'orario lavorativo da 40 ore a 38 ore settimanali. «Scalando però le due ore in meno di impiego dai nostri permessi, che ammonta a 107 ore annuali», spiega Onidi. «La riduzione dell'orario di lavoro, insomma, sarebbe totalmente a nostro carico, secondo la proposta dell'azienda». «Adesione superiore all'80%!», scrivono i dipendenti della libreria Feltrinelli e del megastore Ricordi di Genova. «Anche da noi la libreria ha lavorato a regime ridottissimo», rispondono entusiasti da Ancona. Ma sembra che sia stata a Milano la manifestazione più importante, nella città in cui Feltrinelli ha undici punti vendita tra megastore, librerie, spazi allestiti dentro i centro commerciali (i cosiddetti «Village») e dove stanno costruendo un nuovo negozio per il progetto «Grandi Stazioni». Raccontano gli addetti delle due principali sedi del capoluogo lombardo, i negozi di piazza Duomo e Galleria: «Abbiamo dovuto giocare d'anticipo, spostando lo sciopero di due ore dalle 12 alle 14 anziché nel pomeriggio, perché l'azienda era venuta a conoscenza delle nostre intenzioni. Siamo usciti insieme, lasciando le casse e i punti dentro agli store, per formare un corteo di una quarantina di persone che è arrivata alla Ricordi». Lì davanti gli scioperanti «storici» del gruppo hanno invitato la clientela a rinunciare agli acquisti, spiegando i motivi dello sciopero. In attesa di un miglioramento delle condizioni di lavoro, un monaco benedettino di passaggio ha pensato di concedere loro la benedizione.
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