2.06.2007



Agonia della ''bibliodiversità'' -
di Gabriele Pedullà - da Alias de "il Manifesto"

Libri, giornali, recensioni, librerie: note e allarmi su un sistema sempre più omologato dal Marketing, che ha distrutto l'equazione novecentesca critica = democrazia.
Le premesse sono note. Lo strapotere della distribuzione nel determinare l'offerta culturale; il riorientarsi delle librerie Feltrinelli verso il mass market, con un taglio del 30% dei titoli prima normalmente disponibili così da ridurre i costi di gestione (meglio vendere dieci copie del solito, ecumenico Ammaniti che quindici di altrettanti autori diversi); la sempre più rapida senescenza dei nuovi libri che ormai hanno una vita sugli scaffali di meno di tre mesi; insomma la crisi, forse irreversibile, della «bibliodiversità »…

per leggere l'articolo:
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=8366

66 Comments:

At 2/06/2007 11:33 PM, Anonymous Anonimo said...

Io non so in che negozio sia entrato l'autore dell'articolo scritto sul Manifesto e a questo punto non so bene neanche in che tipo di libreria o negozio di dischi voi lavoriate.
So che nella mia realtà i titoli in catalogo crescono ogni mese.
Ma sono consapevole che proprio le dieci, o spesso migliaia, di copie vendute dell'Ammaniti o del Camilleri di turno ci permettono di avere sullo scaffale anche libri di autori meno conosciuti che vendono sicuramente di meno.
E sono proprio i venduti di quei grandi nomi, da alcuni tanto denigrati che ci permettono quotidianamente di avere all'interno dei nostri settori proposte di qualità e di spessore che fanno la differenza tra una Feltrinelli ed un mass-market.
Scendete dal pero e non siate superficiali perchè noi non lo siamo e non fermatevi sempre e solo sulla soglia di un negozio giudicandolo da quello che mostra all'ingresso andate a fondo....

 
At 2/06/2007 11:34 PM, Anonymous Anonimo said...

ps nella foga ho dimenticato di di firmarmi.
amelie

 
At 2/07/2007 9:05 AM, Anonymous Anonimo said...

è stato presentato oggi un telefonino con uno schermo estraibile molto grande (dimensione di un tascabile) che servirà per leggere il giornale on line e i libri.
A questo punto dovrete convenire con me che il libro on line come la musica sia un'opportunità per gli autori sconosciuti e ignorati dai supermercati di libri come il cesso feltrinelli, per farsi conoscere ed apprezzare.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.

exdiscaiormsgall

 
At 2/07/2007 9:28 AM, Anonymous Anonimo said...

cretinate.
nel corso degli anni i titoli di catalogo son diminuiti a vista d'occhio. e questo per precisa scelta commerciale. ma forse lavori da poco in effelunga ed è per questo che affermi ciò.
per quanto riguarda il circolo (vizioso? virtuoso?) che permetterebbe, attraverso le vendite di camilleri o di qualche altra cagata, di mantenere profondità di catalogo, mi pare che sia da un lato giustificata la tua affermazione, dall'altro mettere il carro dinanzi ai buoi. se metto su stores sempre più grossi, sempre più illuminati, sempre più pubblicizzati, sempre più in luoghi 'in' della buona borghesia locale (e quindi costosi in quanto a locazione), sempre più pieni di cretini leccaculo che non faticano e non sanno una ceppa ma vengono pagati, managers e segretarie di managers e segretarie delle segretarie di managers e così via, cartelloni modello dolce e gabbana in giro, va da se che le spese in qualche modo le devo pur coprire, o no? è una questione di break even point. di questo si può discutere e affermare che di norma è proprio il dominatore di un mercato colui che spende di meno in innovazione (leggi 'profondità, rischio sui titoli, proposte etc'), come risulta da più studi di diversa fonte, e , invece, colui che spende di più in marketing come barriera in entrata alla concorrenza. da ciò si porebbe affermare che, contrariamente all'idealismo dell'articolo, la cosa non solo non dovrebbe sorprendere ma è 'nell'ordine (economico) delle cose' e che, quindi, la effelunga non fa altro che comportarsi come qualsiasi leader del settore e sarebbe stupido attendersi altro.
ma da qui a negare un trend ben visibile, ce ne passa.

 
At 2/07/2007 7:25 PM, Anonymous Anonimo said...

Piuttosto il problema è un altro ed è quello, molto meno filosofico e molto più prosastico, della liberazione e della rivoluzione del sistema editoriale italiano, correlato ai problemi annosi e un po’ triti della distribuzione libraria.
Certo, ti parla un anonimo e piccolo editore, qualcuno “che siede nelle tenebre” e che ce l’ha a morte con il sistema. Un deluso dalla trasformazione dell’Ideale Feltrinelli nel Mercato Feltrinelli, come ci hanno insegnato tanti piccoli e medi editori durante diversi master per operatori editoriali (e non apriamo il discorso master, che è meglio).
NON SI PARLA MAI ABBASTANZA – e si dovrebbe, forse ancor più che scagliarsi contro la Feltrinelli - della distribuzione, che sottostà alle regole di un mercato fittizio.“Altro che antitrust!”: un cartello (colombiano) che strozza il piccolo editore a prescindere, lasciandogli esclusivamente la libertà di diventare un marchettaro tipografo o semplicemente di morire in pochissimo tempo.
Una cosa ci pare di averla capita, ed è stata sorprendente. Sembrerà strano, ma non sono gli italiani a stare alla larga dai libri, ma piuttosto il contrario. Per la malefica combinazione di necessità & filisteismi di filiera, il mercato libraio (almeno per la narrativa) nel nostro Paese ha tratti paradossali: il potenziale di vendibilità, l’appeal, di un titolo non corrisponde necessariamente alle sue vendite effettive, né tanto meno può essere accertato (almeno per piccoli editori indipendenti) su tale base; la limitatissima visibilità a cui sono costretti – pur avendo (in teoria) distribuzione capillare – fa sì che molti titoli risultino (evidentemente) invendibili per chi non è raggiunto dalla notizia della loro esistenza, ma (in tal modo singolarmente) apprezzati da chi ha la fortuna o la tenacia di “incontrarli”. Non diremmo che in Italia si spende poco “per i libri”, ma piuttosto che si spende “per pochi libri”, cioè per un numero davvero limitato di titoli ad altissima tiratura, pompati da un martellamento mediatico che convoglia i lettori non fanatici (l’ovvia maggioranza) verso una scelta ristretta di autori e opere. E falso appare l’annuncio di morte del sopraffino plaisir gourmand del giro in libreria, come può dimostrare la visita da un qualsiasi librario (serio), in un qualsiasi sabato pomeriggio, in una (quasi) qualsiasi città d’Italia (e Canton Ticino, come aggiungerebbe il distributore nazionale). È vero invece che in quegli stessi posti ti accade di inciampare in montagnole di Faletti, per rotolare in vasche di Littizzetto-Capossela, e finire in pozzanghere di Baricco-Tamaro, sempre se hai avuto la fortuna (e il gusto) di dribblare colline di Vespa, di esoterici della domenica, scomunicandi su richiesta, instant book sulla più recente crisi mondiale…
A meno di non ipotizzare l’agghiacciante costruzione di una tipologia diffusa di lettore militarizzato (un vero e proprio mutante, uno zombie peggiore di quelli di cui s’è detto prima), accanitamente risoluto a trovare quel titolo di quell’autore per quell’editore (per un motivo che evidentemente non potrebbe essere il divertimento), a meno di non ricorrere a tale ipotesi post-umana sarà opportuno tentare una diversa interazione con le logiche distributive.

E NON SI PARLA MAI ABBASTANZA della marea dei piccoli editori (generalmente considerati poveri idealisti, ma generalizzare è peccato mortale) che smarchettano in giro facendo pagare fior di quattrini ad aspiranti scrittori, lucrando sulle aspirazioni individuali, carezzando l’ego abnorme di modesti scribacchini, e riuscendo magari anche a pubblicare (sempre e solo a pagamento) scritti di autentico valore, senza però neppure accorgersi di avere tra le mani un talento e accontentandosi dei 1600 euro di turno come “contributo stampa”, con tanti saluti al talento di cui sopra. Frutto prezioso ma destinato a rinsecchirsi nelle steppe dell’ar(-v-)ida editoria italica.

 
At 2/07/2007 7:30 PM, Anonymous Anonimo said...

TANTO PER NON SMENTIRE IL NUOVO CORSO... EFFELUNGA ENTRA IN CONFINDUSTRIA...

da una ANSA di qualche tempo fa:

Anche la Feltrinelli rientra in AIE. Anche la Giangiacomo Feltrinelli Editore rientra in AIE (Associazione Italiana Editori): dal 1 gennaio 2006 la Feltrinelli Editore - anche con la società Apogeo - è ufficialmente ritornata a far parte dell´Associazione, che rappresenta e tutela la categoria degli editori di libri. "Siamo davvero soddisfatti: il mondo dell´editoria torna a essere compatto per difendere il futuro del libro - ha sottolineato il presidente, Federico Motta - Siamo pronti, insieme, a valorizzare sempre di più il libro e la lettura. E a chiedere a una sola voce al futuro Governo, qualunque esso sia, la tanto attesa e più volte promessa legge sul libro". L´AIE, aderente a Confindustria, arriva così a coprire il 90% del mercato librario italiano. E, dopo il rientro del Gruppo Mondadori (tornato nell´Associazione nel 2005), aggiunge un nuovo importante tassello per rendere unita la categoria. "La Feltrinelli Editore - ha commentato l´amministratore delegato della Effe 2005 (Holding Feltrinelli), Francesco Ciro Bonzio - è consapevole dell´importanza di gestire in modo unitario numerosi delicati temi per la difesa e il rilancio del ruolo del libro, della lettura e della cultura nella nostra società civile all´interno di un mondo in cambiamento, ed è quindi molto felice di tornare a percorrere questo difficile ma fondamentale cammino in seno all´AIE insieme a tutti gli editori del nostro paese".

 
At 2/07/2007 7:33 PM, Anonymous Anonimo said...

Faccio pure l'editore e questo mi sa che lo sapete, se no finisce che mi ripeto e guai dire sempre le solite cose, bisogna rinnovarsi, ma repetita iuvant dicevano i romani e poi hai visto mai che mi legge qualcuno che non ha letto gli altri libri su questo mondo assurdo dell'Italia letteraria e allora magari ha bisogno d'una spiegazione, d'essere inserito nel discorso, di capire… Faccio pure l'editore, ma mica ci campo, no faccio l'editore per passatempo, pubblico le cose che mi garbano, quelle che un editore vero non pubblicherebbe mai, persino poesia, guarda, e senza che se la paghino gli autori, questa è la cosa più strana. Mi sa che siamo rimasti in pochi a sfidare Golia, però è bello trovarsi in una fiera del libro, noi infinitesima parte del niente, micro editori distribuiti solo su internet e in venti librerie, gente che quando i librai sentono il nostro nome rispondono no, io quei libri là non li tengo, però ho tutto Ken Follett e se proprio non vi piace c'ho una pila di Camilleri. Voi provate a entrare in una libreria Feltrinelli e chiedete un libro delle Edizioni Il Foglio, un libro che esiste e che ha il regolare codice isbn, quindi basta comporre il numero di telefono della casa editrice (che si trova su tutti i cataloghi degli editori italiani) e ordinare, ma loro no, loro non lo fanno, ché loro sono Feltrinelli e vogliono solo pile di cartonati pubblicati dai padroni della Mondafeltrinelleinaudi, l'editore unico nazionale. Inutile incazzarsi, ché chi se la prese campò un mese, per dirla con mio nonno, mica puoi telefonare a Feltrinelli e protestare, cosa gli dici tu a Feltrinelli. Già mi ci vedo al telefono con l'addetto agli ordini della Feltrinelli che già quando sente un nome d'un piccolo editore pensa a un paio di enormi cesoie che si abbattono su tutta la produzione indipendente. M'è arrivata pure a me la lettera della Feltrinelli dove dicono che adesso gli ordini li fanno dalla sede e le riviste letterarie le eliminano ché nessuno le compra, vuoi mettere Federico Moccia, la Littizzetto, le Bariccate varie… E io allora cosa dico a Feltrinelli? Cara libreria Feltrinelli, sono Gordiano Lupi del Foglio, ho pubblicato Il costruttore di biciclette di Maurizio Cometto, un bel romanzo fantastico che ce l'ha introdotto pure Valerio Evangelisti, mi piacerebbe che quando qualcuno te lo ordina non rispondessi che non esiste ché mica è vero, basta chiedere e noi ve lo mandiamo. L'addetto della Feltrinelli risponderebbe che ci sono ordini superiori, non possono mica ordinare poche copie, hanno la loro distribuzione, non possono tenere i libri di tutti i piccoli editori. E allora ne faccio a meno di fare questa telefonata inutile, ché vivo bene anche senza le librerie Feltrinelli, guarda. Meno male che c'è internet dove tu cominci a diffondere messaggi e gli effetti prima o poi si vedono. Meno male che adesso ci sono le librerie virtuali e la democrazia s'è trasferita sulla rete, dove noi piccoli Davide abbiamo le stesse chances dei grandi Golia. Pure Baricco ha detto che s'è rotto i coglioni delle Feltrinelli e di tutta la loro prosopopea da monopolio della cultura cartonata. Mi sa che dopo aver aperto una casa editrice tutta sua tirerà su anche una catena di librerie, un gigantesco mostro distributivo dove troverete tutti i suoi libri tradotti in cento lingue, ché tanto leggere Seta in italiano o in turco fa lo stesso, non ci si capisce un cazzo. Il futuro dell'editoria è negli scrittori simbolo, ché ormai c'hanno il pubblico sicuro, si sono fatti un nome, esce un libro ed è un successo. Cosa cazzo se ne fa Baricco d'un editore? Niente. Ma il discorso vale pure per il distributore e per il libraio. Baricco se li mette nel taschino. E allora già me lo vedo il futuro della Fandango Libri fatto di Fandango Distribuzione e di Fandango Stores. È il sogno di tutti gli scrittori fare pure gli editori di se stessi e magari anche i librai, ché così la concorrenza è sbaragliata, entra uno nel tuo negozio e ti chiede l'ultimo libro di De Carlo lo cacci via a pedate, gli dici ma vai in un De Carlo Store ché questa è la Fandango Libri, qui si vendono solo Baricco e i suoi allievi della Scuola Holden.



www.infol.it/lupi

 
At 2/07/2007 10:14 PM, Anonymous Anonimo said...

Il problema è che purtroppo alcuni di noi (noi intesi sia come lavoratori effelunga sia come clienti/lettori) pensano ancora, come amelie, che il fine di un'azienda come LaFeltrinelli sia quello di pubblicare libri in un'ottica di diffusione della cultura, circolazione dei saperi ecc ecc. E' ora che ci mettiamo bene in testa che l'unico obbiettivo per il quale viene assunto un manager Feltrinelli (nello stesso identico modo di uno fiat o esselunga) è quello di creare sempre il massimo profitto. Questo riguarda sia le politiche del personale (e noi continuiamo a dar loro degli incapaci perchè tagliano i posti!!), sia dell'acquisto libri, sia della chiusura o apertura di nuovi punti vendita.
...mi piacerebbe di queste cose parlare dal vivo coi colleghi, e che tutte queste interessanti riflessioni, le critiche, l'incontro con clienti, ex-lavoratori, piccoli editori non rimanessero solo sul virtuale. Non esiste (almeno a Milano) la possibilità di incontrarsi? dove sono finiti i buoni propositi del post di prima (a parte ovviamente le minacce)?! dov'è finito cavernicolo rosso??

 
At 2/07/2007 10:41 PM, Anonymous Anonimo said...

non stai facendo un po' di confusione tra feltrinelli editore e librerie feltrinelli?

 
At 2/08/2007 12:09 AM, Anonymous Anonimo said...

Agonia della ''bibliodiversità''
di Gabriele Pedullà - 31/01/2007

Fonte: Il Manifesto [scheda fonte]

Libri, giornali, recensioni, librerie: note e allarmi su un sistema sempre più omologato dal Marketing, che ha distrutto l'equazione novecentesca critica = democrazia

Le premesse sono note. Lo strapotere della distribuzione nel determinare l'offerta culturale; il riorientarsi delle librerie Feltrinelli verso il mass market, con un taglio del 30% dei titoli prima normalmente disponibili così da ridurre i costi di gestione (meglio vendere dieci copie del solito, ecumenico Ammaniti che quindici di altrettanti autori diversi); la sempre più rapida senescenza dei nuovi libri che ormai hanno una vita sugli scaffali di meno di tre mesi; insomma la crisi, forse irreversibile, della «bibliodiversità »…

E ancora (questa volta dal punto di vista delle case editrici): l'imperativo di guadagnare su ogni singolo libro, rinunciando a compensare le perdite o anche solo i modesti profitti dei titoli più difficili con i titoli di maggior successo commerciale; le costrizioni dei bilanci preventivi, che obbligano i management delle imprese a replicare risultati eccezionalmente buoni, trasformando l'eccezione in norma, con conseguente riduzione dei margini di manovra e degli spazi per i volumi meno accessibili al grande pubblico… In fondo non è nemmeno il caso di scandalizzarsi: non essendo associazioni di beneficenza ma imprese private, le case editrici si sono preoccupate sempre dei propri bilanci, sebbene la massimizzazione dei margini di profitto perseguita negli ultimi anni abbia incrinato un equilibrio già di per sé molto precario tra qualità e quantità.

Se l'effetto del cambiamento sembra così dirompente è perché è mutato il sistema attorno a esse, dall'università delle mille lauree honoris causa ai giornali dei mille gadget. Un sistema sano in cui tutti fanno il proprio dovere si regge sul libero confronto tra poli diversi: c'è l'autore, che scrive; c'è l'editore, che seleziona le opere; ci sono i critici, che esprimono un parere su quanto pubblicato; c'è infine l'università, dove i valori si assestano lentamente e per ipotesi successive. Il tutto secondo un principio di equilibrio e separazione dei poteri non troppo diverso da quello teorizzato da Montesquieu per i sistemi politici e in base al quale non dovrebbe mai essere la stessa persona a fare le leggi, ad applicarle e a sanzionare l'operato dei cittadini. Per lungo tempo tale indispensabile funzione di sorveglianza è stata demandata soprattutto alle pagine culturali dei quotidiani; oggi, al principio del XXI secolo, si può dire che questa fase storica sia sostanzialmente finita. Una lenta agonia è stata accelerata da tre fenomeni più recenti: il diluvio di anticipazioni, le promozioni dei libri in vendita con i giornali, il diffondersi delle recensioni in subappalto.

I primi due sono troppo evidenti perché sia necessario soffermarvisi: basterà notare che da un certo momento in poi le pagine culturali hanno rinunciato a esercitare il proprio diritto/ dovere di critica preferendo ospitare stralci dei libri in uscita (dei veri e propri trailer, presentati senza alcun commento) e che questa tendenza si è ulteriormente accentuata da quando i quotidiani si sono fatti editori in proprio, dedicando una parte consistente delle proprie terze pagine alla promozione dei volumi in vendita. Più interessante, perché più subdolo, il terzo fenomeno, che consiste nel pubblicare recensioni dei grandi nomi della letteratura contemporanea (da DeLillo a Wallace, da Auster a Franzen) ai quindici o venti presunti esordienti di genio che ogni anno sforna la macchina editoriale USA – recensioni scrupolosamente acquistate, tradotte e poi fornite a titolo gratuito dagli uffici stampa della casa editrice che si appresta a pubblicare il romanzo in Italia. Alla fine, verosimilmente, saranno tutti contenti: l'editore, che si garantisce un lancio esclamativo; il redattore, che non deve nemmeno correggere le bozze; il direttore, che si può fare bello esibendo una firma apprezzata ai quattro angoli del globo; e persino il lettore, che ha l'opportunità di leggere uno dei suoi beniamini senza fare la fatica di cercarsi il pezzo su Internet.

"Tutti contenti, a parte il fatto che per questa via i giornali rinunciano a esprimere una voce autonoma e si trasformano nel megafono delle case editrici o del proprio ufficio marketing. Quando cade la separazione dei poteri, nessuna vera critica è più possibile e anche la democrazia (delle lettere) entra in pericolo. In economia si potrebbe parlare di trust verticale. Questa tendenza inarrestabile del nostro tempo viene presentata spesso come un inveramento dei valori egualitari della nostra società: «Non facciamo pedagogia», «Noi vogliamo solo dare ai lettori quello che ci chiedono », «Non siamo mica in Unione Sovietica». Ma davvero la logica dei grandi numeri è più democratica soltanto perché offre a tutti quello che vogliono o credono di volere? In effetti ci sarebbero parecchi argomenti da opporre a questa ricostruzione, a cominciare dal fatto che non è sufficiente il consenso a caratterizzare una democrazia, altrimenti (tanto per rifarsi ancora ai classici della filosofia politica) avrebbero ragione i teorici novecenteschi della leadership carismatica che legittimavano la fine della mediazione parlamentare in nome dell'adesione spontanea delle masse alla volontà del capo.

La democrazia è fatta invece soprattutto di procedure e proprio la possibilità di dissentire, la ricchezza del dibattito e l'apertura degli spazi di discussione sono i suoi principali indicatori. Da questo punto di vista la critica (letteraria e non) è importante non tanto o non solo perché aiuta a separare il grano dal loglio, né perché consente di comprendere meglio il senso e il valore di un'opera, ma perché, proponendo delle ipotesi di lettura, sollecita la discussione, invita a verificare di persona, costringe a prendere consapevolezza dei propri gusti motivando adesioni e ripulse. Il parallelo con la politica non è casuale. Il sistema delle lettere, come quello della rappresentanza politica, è sottoposto a una trasformazione rapidissima per effetto delle medesime cause, prima tra tutte il dominio della comunicazione televisiva con i suoi miraggi di immediatezza e di contatto diretto.

Nell'epoca delle infinite affabulazioni, in cui nessun ragionamento possiede la forza di persuasione di un testimone in lacrime, è la stessa nozione di critica a risultare scomoda e obsoleta, tanto in letteratura quanto altrove (con quali pericoli per la democrazia è inutile dire). In fondo le case editrici continuano a fare quello che hanno fatto sempre: cercare di vendere i propri libri. A parte la rinuncia dei giornali alla propria funzione di controllo, la vera novità di questi anni è la posizione assunta dai giovani scrittori, che, implicitamente o esplicitamente, manifestano sempre più spesso insofferenza o sufficienza per qualsiasi forma di mediazione culturale, con un atteggiamento che ricorda l'avversione dei politici per i giornalisti che con le proprie obiezioni e domande scomode osano frapporsi tra loro e gli elettori (due fenomeni che forse bisognerebbe leggere alla luce delle acutissime pagine di Tocqueville su democrazia e bonapartismo).

Se si volesse indicare la data d'inizio di questo processo, si potrebbe risalire alla metà degli anni novanta e alla durissima polemica che sulle pagine del Corriere della Sera vide contrapposti Michele Mari e Sandro Veronesi (i due narratori italiani più dotati di quegli anni) a proposito dell'affermazione di quest'ultimo che soltanto i coetanei avrebbero dovuto recensire i nuovi romanzieri. Dopo dieci anni, nei fatti, la linea Veronesi ha trionfato e anzi la boutade di allora appare oggi non più che un'avvisaglia eun timido accenno di quello che sarebbe successo in seguito. Avvalendosi dei loro nomi di maggior richiamo, è sempre più frequente che i romanzieri italiani «facciano tutto da soli», così che spesso a recensire in termini entusiastici il giovane scrittore X è il giovane scrittore Y – in attesa, verosimilmente, di ricevere indietro il favore. Non è escluso che questa tendenza autarchica un giorno travolgerà le stesse case editrici. La novità rivoluzionaria (per ora solo sulla carta) di un progetto come quello della Fandango risiede precisamente nel tentativo di mettere in piedi una «United Artists» che federando una serie di narratori di successo cancelli anche l'ultimo intermediario tra chi scrive e chi legge – un po' come è avvenuto nella New Hollywood, dove gli agenti e le star hanno preso il posto una volta occupato dagli studios. Gli autori certo, per crescere e imporsi, hanno bisogno di interpreti, ma non è detto che questa funzione essenziale, un tempo demandata ai critici, debba essere anche in futuro affidata a essi. L'affermarsi di figure come quelle dell'editor e dell'agente sembra indicare esattamente il contrario.

Si direbbe che la società letteraria si stia conformando in ritardo al modello che da alcuni decenni domina nel mondo dell'arte, con l'eclissi del critico come figura chiave nella ricezione di un'opera, sempre più rimpiazzato dal curatore, un professionista ben retribuito che allestisce la mostra e produce dietro compenso una serie di ragionamenti finalizzati a valorizzare il lavoro dell'artista – a metà strada tra il pubblicitario di alto livello, l'esperto di marketing, il compagno di strada e il critico vecchio stampo. La preparazione e l'intelligenza dei curatori non sono in discussione: quello che però occorre sottolineare è la differenza essenziale della loro posizione rispetto a quella di chi trae altrove le proprie fonti di sostentamento. E che per questo rimane un uomo libero. In un mondo in cui la nozione di classico s'identifica sempre di più con quella di long seller, anche i narratori sembrano essersi piegati completamente alla logica dei grandi numeri; che oggi anche loro, sulla scia degli artisti, possano essere alla ricerca di curatori e che non sappiano che farsene dei critici può forse dispiacere ma non sorprende.

Se nel Novecento gli scrittori da 3000 copie erano orgogliosi di sé e non pensavano che la mancanza di successo di vendite li privasse di qualcosa, oggi si sentono anch'essi, al pari di tutti gli altri, autori di best-seller mancati. Così la speranza di essere il nuovo Piperno o il nuovo Saviano alimenta il conformismo verso la macchina editoriale e l'insofferenza per chiunque non contribuisca a oliare l'ingranaggio. Poiché, come insegna Brecht, non è alle «buone vecchie cose» ma alle «cattive cose nuove» che bisogna rivolgere lo sguardo, dei tanti esempi possibili le risposte di alcuni romanzieri a una recente inchiesta di «Tuttolibri » sui recensori italiani rimangono forse il più istruttivo. Le dichiarazioni di stima per Antonio D'Orrico, che come critico nessuno calcola ma che grazie alle copertine del «Magazine» del Corriere riesce a muovere alcune migliaia di copie, indicano che cosa i nostri giovani narratori si aspettano dai giornali (in quel consesso con le significative eccezioni di Silvia Ballestra e Antonio Scurati). Il populismo – magari ribattezzato anti-paternalismo – si presenta così come la vera cifra della giovane narrativa nostrana. Quando Marco Belpoliti lamenta l'assenza di scrittori criticamente impegnati comequelli della leggendaria generazione degli anni venti è in fondo anche di questo che parla. È cambiata la realtà ma è cambiata anche la retorica, e se qualche decennio fa era ancora comune la figura dello scrittore istintivo che cercava di tenersi aggiornato e magari faceva finta di conoscere Benjamin e Foucault, adesso è più verosimile immaginare il gesto contrario, con il narratore di grido che occulta le proprie letture e predilige un approccio anti-intellettuale e scanzonato, mimando gli atteggiamenti divistici delle rockstar. Muore la critica e sulle sue ceneri prosperano i mediocri che non desiderano essere giudicati.

In pochi anni il mondo è cambiato e tutti si sono riposizionati: gli editori, i redattori dei grandi quotidiani, i romanzieri e persino quei recensori che hanno rinunciato al proprio ruolo di interpreti per recitare la parte dell'imbonitore e del persuasore occulto. Solo coloro che praticano la critica nell'accezione più tradizionale del termine (pochi, sempre di meno, sempre più marginalizzati) continuano a esercitare l'arte di dire anche di no. Sono loro il granello di sabbia nell'ingranaggio perfetto del mercato editoriale, gli uomini-Bartleby del nostro tempo, coloro dai quali dipende la possibilità che ci sia ancora posto per una letteratura non condannata all'eterno ritorno dell'uguale. Vengono tollerati di mala voglia. Ma senza di loro i grandi libri del futuro potrebbero non trovare più nessuno che sappia riconoscerli e valorizzarli.

da Alias de "il Manifesto"

 
At 2/08/2007 12:36 AM, Anonymous Anonimo said...

Egregio Gordiano Lupi de Il Foglio forse al telefono con la Feltrinelli ha usato troppe colte la parola cazzo e magari è anche per questo che non hanno acquistato i suoi libri.
Non so che tipo di informatori lei, e non solo lei, abbia ma può dormire tranquillo nel sapere che non c'è nessuno a Milano o in cielo con il potere supremo di ordinare i libri per noi o al nostro posto.
Nè tantomeno nessuno che ci possa impedire di acquistare libri di editori o fornitori meno conosciuti.
Basta richiedere l'apertura di nuovo un codice fornitore comunicarne i dati ed è fatta.
Pensi che in alcune librerie può trovare anche i libri de Il Settimo Sigillo si figuri i suoi....
E per rispondere a nosferatu mi dispiace deluderti ma non lavoro da poco in questa azienda ed ho passato l'età dello svezzamento già da un pò, sono quindi ben consapevole della realtà e cioè che dietro ad ogni azienda commerciale, Feltrinelli inclusa, ci sia anche la ricerca del profitto, non fosse altro che per pagarci gli stipendi, ma credo fermamente che il come arrivarci dipenda solo dal singolo.
E in questa azienda mi sono sempre sentita LIBERA di decidere cosa comprare e cosa no a mio insindacabile giudizio.
amelie

 
At 2/08/2007 9:31 AM, Anonymous Anonimo said...

si, amelie. si. 'e tutti sono onesti e tutti sono pari e tutti hanno le palle democratiche e popolari' (cit)

grazie ai due interventi di cui sopra (escluso quello di amelie, sempre più evangelista) che hanno portato un voce altra nella discussione puntando il ditino:
a) sulla camorra della distribuzione (argomento che invero occorrerebbe discutere. vedi caso messita)
b) sul fatto che, a parte le dichiarazioni da marketing e da campagna elettorale sempre più vacue, le minoranze (editoriali e non solo) vengono trattate come la peste e ridotte alla invisibilità in un mercato subissato da centinaia e centinaia di proposte settimanali telecomandate.

 
At 2/08/2007 8:29 PM, Anonymous Anonimo said...

Ma a questa amelie ci sarà pur qualcosa che non piace di Feltrinelli! Possibile essere così proni? Una cosa, una, una sola che non va! Una! Diccela, ti prego!

Marlene

 
At 2/09/2007 1:01 AM, Anonymous Anonimo said...

La cosa più strana è che invece, contrariamente a quanto qualcuno possa pensare, in azienda io sia considerata uno spirito molto critico e sicuramente poco prono e affatto disposto a farsi manipolare o domare.
Tuttaltro che uno yes-man al femminile.
Ci sono cose che amo di questo mondo e cose che non condivido.
Non resta che accettare, anche se può risultare difficile, che esista qualcuno che cerca tenacemente di cambiarle e di renderle diverse senza essere necessariamente contro nè chiamarsi fuori.
Spero scuserete questa libertà poetica ma mentre scrivevo in quest'ora notturna ho ripensato ad alcuni versi (evangelici?!!) tratti dal monologo del non so...

io non so se in questa schiena senza ali/ci sono grandi pianure da cui fare il decollo/se in questa spina dorsale ci sono istruzioni per la manovra di decollo/se sono io la freccia di questo arco della schiena/se sono io arco e freccia/non so in quale mano non mano o zampa di Dio mi stanno torchiando/e sottoponendo al duro allenamento dei dolori terrestri.
Io non so la canzone che spensiera/ e non so soccorrervi/non so pur volendolo/non so soccorrervi nel vostro sbando/io non so farvi un canto della guarigione/non so farvi da balsamo/io non so mettervi nel coraggio essenziale/nello slancio, nel palpito...
amelie

 
At 2/09/2007 10:20 AM, Anonymous Anonimo said...

Quando si sente pronunciare il nome Feltrinelli si pensa sempre alla catena di librerie o al massimo alla casa editrice; raramente questo nome viene immediatamente accostato a Giangiacomo, il fondatore della casa editrice, un importante e controverso personaggio nel panorama milanese, il cui nome ancora oggi accende le polemiche. Uno degli uomini più ricchi d'Italia che ha tentato di rendere popolare la letteratura.

Allo scorso festival di Locarno è stato presentato con successo il film-documentario Feltrinelli di Alessandro Rossetto prodotto anche grazie ai finanziamenti della stessa Feltrinelli, attraverso Eskimosa. Dopo è stato ospitato in altri festival internazionali, distribuito in sala e dvd in Svizzera, Francia e Germania; eppure sembrava che non ci fosse nessuna intenzione di distribuirlo in Italia.

Il regista stesso aveva duramente attaccato i vertici dell'azienda in un'intervista al vetriolo rilasciata al programma Hollywood Party di Radio3, durante la quale accusava la Feltrinelli di censurare il suo film.

Carlo Cresto-Dina della Eskimosa in prima battuta aveva affermato che il film non era stato pensato per il mercato italiano, poi aveva affermato che il risultato era inferiore alle aspettative. Nelle ultime settimane sembra che qualcosa si stia muovendo e i vertici Feltrinelli stiano pensando al lancio italiano; la proiezione di sabato alla libreria di Piazza Piemonte potrebbe essere un primo passo in questa direzione.


Una curiosità: avete presente l'immagine più nota di Ernesto Che Guevara? Si, proprio quella riprodotta su magliette, bandiere, tazze e qualsiasi altro prodotto vendibile. L'originale è a Milano, conservata all'archivio Feltrinelli, accanto a palazzo Marino. Sopra c'è la dedica che Korda, il fotografo, ha fatto a Giangiacomo Feltrinelli quando gliel'ha donata. E che è stata per la prima volta utilizzata sulla copertina di Diario in Bolivia

credo lo proiettino sabato in piazza piemonte...
fonte: www.ildocumetario.it

 
At 2/09/2007 9:18 PM, Anonymous Anonimo said...

Credo che qualcuno abbia dimenticato cosa è stato Giangiacomo per la storia, quella piu' nera, deel' italia deglia anni di piombo.
Dietro la sua facciata di editore e di diffusore di cultura (la "sua" cultura), egli ha sempre perseguito la propria scellerata idea, davvero psicopatica, di voler entrare nella "storia".
Da qui la mia condanna piu' dura all' uomo ed all' azione che ha portato alla sua morte!
Cosa è rimasto?

Il Mago Merlino

 
At 2/10/2007 12:03 AM, Anonymous Anonimo said...

Non sono d'accordo con questo post.
Secondo me lasciando perdere il gesto del traliccio del quale nn si saprà mai il motivo, lui credeva davvero in una cultura equa e per tutti ed io ero orgoglioso di fare parte di un'azienda che portava questo nome.
Poi visti gli scempi del figlio e degli ex scaffalisti di supermercato che ha intorno, l'orgoglio è stato quello di andarmene.

exdiscaiormsgall

 
At 2/10/2007 9:09 AM, Anonymous Anonimo said...

lavati la bocca mago merlino. tu sei solo una zecca di fronte ad un rivoluzionario caduto. continua a parlare se vuoi della tua misera vituccia da risentito

 
At 2/10/2007 9:11 AM, Anonymous Anonimo said...

del tuo giudizio su giangiacomo e su gli anni 70 non glie ne frega un cazzo a nessuno

 
At 2/10/2007 11:14 AM, Anonymous Anonimo said...

Non credo proprio che sia tu a poter giudicare G.Feltrinelli e il modo in cui è morto. Era un rivoluzionario combattente che ha pagato con la vita la sua posizione politica. Erano anni in cui si doveva scegliere, e per nostra fortuna, c'è chi è sceso in piazza e ha scelto in una certa direzione! Leggiti le lettere che scriveva al figlio Carlo, uando viveva in clandestinità, e forse capirai un po' di più della persona su cui ti sei espresso.
Ex allieva

 
At 2/10/2007 11:37 AM, Anonymous Anonimo said...

«Feltrinelli agiva in perfetta buona fede e con disinteresse totale, che meritano il massimo rispetto, nella sua evoluzione politica cospirativa, sboccata nel sacrificio personale di un uomo che credeva nell'imminenza di una reazione fascista in Italia»
(Leo Valiani)
Nato da una delle più ricche famiglie italiane, nel 1945 aderì al Partito comunista, che sostenne anche con ingenti contributi finanziari.
Nel 1948, nell'Europa devastata dalla guerra, iniziò a raccogliere documenti sulla storia del movimento operaio e sulla storia delle idee dall'illuminismo ai giorni nostri, gettando così le basi per la biblioteca di uno dei più importanti istituti di ricerca sulla storia sociale.
Alla fine del 1954 fu fondatore della Casa editrice Feltrinelli che già negli anni cinquanta pubblicò bestseller di rilievo internazionale come Il dottor Živago che Borís Pasternàk terminò nel 1955 e Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Il 12 dicembre 1969, saputo dalla radio della strage di Piazza Fontana, Feltrinelli che si trovava in una baita di montagna, decise di tornare a Milano. Apprese però che forze dell'ordine in borghese presidiavano l'esterno della casa editrice ed immaginando che potessero essere costruite prove contro di lui (nel successivo procedere della magistratura si trovarono effettivamente indizi in tal senso[citazione necessaria]), Feltrinelli, che da tempo temeva un colpo di Stato delle destre, decise di passare alla clandestinità. Prima, in una lettera inviata allo staff della casa editrice, all'Istituto e alle librerie e, poi, in un'intervista rilasciata alla rivista "Compagni" spiegò con estrema lucidità politica la sua decisione.
La sua riflessione politica successiva lo portò a scelte estreme.
Giangiacomo Feltrinelli morì il 14 marzo 1972. Il suo corpo fu rinvenuto, dilaniato da un'esplosione mentre stava preparando un'azione di sabotaggio, ai piedi di un traliccio dell'alta tensione a Segrate, nelle vicinanze di Milano. Feltrinelli (nome di battaglia Osvaldo), era giunto a Segrate, con due compagni, C.F. e Gunter (pseudonimo), su un furgone attrezzato come un camper sul quale dormiva e si spostava quando era in Italia. Secondo una testimonianza di primissima mano [citazione necessaria], su quel furgone ci sarebbero dovuti essere trecento milioni che l'editore avrebbe poi donato personalmente al giornale "manifesto" una volta giunto a Roma, dove avrebbe dovuto dirigersi dopo l'attentato. Quei soldi non furono mai trovati.
Sulla sua morte le Brigate Rosse fecero una loro inchiesta, Inchieste delle BR, trovata nel loro covo di Robbiano di Mediglia, (MI). Personaggio chiave per capire la vicenda - perché vi partecipò, per sua stessa ammissione mentre veniva interrogato dalle Br, che registrarono su nastro, - è un certo Gunter, nome di battaglia di un membro dei Gap di Feltrinelli di cui però non si è mai saputo il vero nome. Il personaggio era un esperto di armi ed esplosivi (sembra che avesse preparato lui stesso la bomba che poi uccise Feltrinelli) e chiese di entrare nelle Brigate Rosse dopo la morte dell'editore. Secondo una recente pubblicazione, Gunter sarebbe scomparso nel 1985.
Da quanto dichiarato dal capo storico delle Br Alberto Franceschini, il timer trovato sulla bomba che uccise Feltrinelli, era un orologio Lucerne. Soltanto in un altro attentato venne usato un orologio di quel tipo, cioè in quello all'ambasciata americana di Atene il 2 settembre '70 ad opera della giovane milanese Maria Elena Angeloni e di uno studente di nazionalità greco-cipriota. Quella bomba, come nel caso di Feltrinelli, funzionò male, tanto che a rimanere uccisi furono gli stessi attentatori. I due erano partiti da Milano, così come l'esplosivo. Quell'attentato, era stato organizzato da Corrado Simioni, deus ex machina del Superclan e membro della struttura Hyperion di Parigi. [citazione necessaria], a cui facevano capo sigle terroristiche come Olp, IRA, Eta e ovviamente, ma solo dopo una certa fase, le Br.
Alla figura di Giangiacomo Feltrinelli è dedicata una biografia scritta dal figlio Carlo e pubblicata nel 1999: "Senior Service".
Il mese successivo alla sua morte, il 2 aprile 1972 ad Amburgo, in Germania, Monika Hertl uccide il console boliviano Roberto Quintanilla, ex capo della polizia del suo paese. Nella rivendicazione, Quintanilla venne indicato come responsabile della cattura e dell'uccisione di Ernesto "Che" Guevara.
Quintanilla, aveva avuto parte anche nell'arresto, in Bolivia, di Giangiacomo Feltrinelli quando, nel 1967, egli s'era recato in quel paese per richiedere e sostenere la liberazione di Regis Debray; inoltre lo stesso console aveva partecipato alla cattura e al barbaro assassinio seguente alla tortura di Inti Peredo nuovo comandante dell'ELN in Bolivia che, dopo la disfatta di Valle Grande nel 1967, era stato uno dei pochi superstiti e nel 1969 stava riorganizzando la guerriglia quando, a La Paz, fu ucciso nel modo sopracitato. Feltrinelli collaborò direttamente alla progettazione dell'attentato contro Roberto Quintanilla e fornì l'arma di cui Monica Hertl ( giovane militante dell'ELN) si servì.

Casa editrice Feltrinelli
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La casa editrice Feltrinelli nacque alla fine del 1954 a Milano. Ne è fondatore Giangiacomo Feltrinelli, che già nel 1949 aveva dato vita alla "Biblioteca G. Feltrinelli" per lo studio della storia contemporanea e i movimenti sociali.
La Casa editrice sorse sulle ceneri della "Colip" (Cooperativa del Libro Popolare, 1949-54), di cui rileva una collana prestigiosa, l'"Universale Economica".
Cambiare il mondo con i libri, combattere le ingiustizie con i libri, erano questi il movente e la meta di Giangiacomo Feltrinelli quando nel '54 fondò la sua casa editrice.
Feltrinelli fece uscire libri che scossero profondamente le coscienze di molti (e causarono a lui anche più di un processo); pubblicò autori del terzo mondo, letteratura politica, romanzi che fecero scandalo come quelli di Henry Miller e due capolavori letterari di rilievo internazionale: nel 1957 Il dottor Živago di Borís Pasternàk - pubblicato tra mille difficoltà - e, nel 1958, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
È stato direttore editoriale Giorgio Bassani.
Ex allieva

 
At 2/10/2007 12:31 PM, Anonymous Anonimo said...

Ritengo che la figura di Giangiacomo Feltrinelli sia da rispettare, dal punto di vista umano, poiché è morto per le sue idee. Tuttavia, ritengo anche che le sue idee possano tranquillamente essere discusse e contestate, nonché fermamente rifiutate, se del caso. Ecco, distinguerei in questo modo un problema, che vede gli stessi storici professionisti divisi nella valutazione. Sono contrario alle mitizzazioni, per quel che mi riguarda.

Marlene.

 
At 2/10/2007 1:29 PM, Anonymous Anonimo said...

La mia non è una mitizzazione, ma semplicemente espressione di condivisione. Certo che ognuno è libero di pensarla come vuole, ma siam sempre al solito punto, non è certo offendendo che un giudizio assume più valore.
Ex allieva

 
At 2/10/2007 1:51 PM, Anonymous Anonimo said...

Ero piccolo allora, ma mi ricordo, seppur vagamente, i telegiornali e le edizioni del "Corriere di informazione" con la foto in B/N di Feltrinelli a Segrate, praticamente tranciato in due dalla bomba che stava mettendo; o con il senno di poi,che qualcuno aveva messo o manomesso...Mi ricordo alcuni commenti, ripetuti negli anni...E mi ricordo l' imbarazzo per quella morte... Vivendo, in parte, la fine degli anni 70...quando la scelta non era tra la clandestinita' e la lotta armata da un lato e il non fare nulla dall'altro, mi ricordo che la quasi totalita' della Sinistra scelse di lottare, contro il terrorismo per difendere questo stato malato ed agonizzante per consolidare questa DEMOCRAZIA...Non c'e' onore nel morire su un prato, a Segrate..solo..e nemmeno ricercato dalla polizia....

 
At 2/10/2007 1:57 PM, Anonymous Anonimo said...

Può essere anche così....è giusto che ognuno la veda come vuole.
Io penso che chiunque muoia per un ideale, chiaramente in buona fede, meriti rispetto...ma mi ripeto, sono io che la vedo così.
ex ALLIEVA

 
At 2/10/2007 2:45 PM, Anonymous Anonimo said...

Anche Hitler è morto per un ideale, e certo era in buona fede, poiché fermamente convinto di quanto ha fatto nella sua vita. Non è che mi riesca di rispettarlo molto, nonostante questo. Come la mettiamo, allora?

Skindeep

 
At 2/10/2007 2:47 PM, Anonymous Anonimo said...

Sono totalmente d'accordo con il post delle 1.51. Feltrinelli ha scelto la clandestinità e la violenza, non la democrazia. Io sono e sarò sempre per la democrazia. La quale ha vinto, per fortuna, la lotta contro il terrorismo.

Marlene

 
At 2/10/2007 4:48 PM, Anonymous Anonimo said...

etica/ SCALA:
- per la riuscita del 1° esodo, ovvero la tournee di sponsorizzazione alla Bicocca, il gruppo dirigente si autopremiò....$
°ai lavoratori, visto il flop e buco di bilancio, venne chiesto di rinunciare al contratto aziendale per i primi 3 anni e assicurarsi così la pace sociale per traghettare il controesodo al Piermarini dicembre 2004

-gennaio 2005, visto il successo della deportazione nel nuovo cantiere, il gruppo dirigente si autopremiò....$
°ai lavoratori ------
Arriva il vento d'oltralpe: BASTA PREMI ma arriva il nuovo anno...
gennaio 2007 il gruppo dirigente si autopremia ancora...$
° i lavoratori ---

 
At 2/10/2007 6:00 PM, Anonymous Anonimo said...

Pero' senza mago merlino nel bene e nel mAle, questo blog non sarebbe lo stesso

exdiscrmsgall

 
At 2/10/2007 9:15 PM, Anonymous Anonimo said...

Giangiacomo.... il Che Guevara dei poveri!

Ma IATEVENNE.....

 
At 2/10/2007 9:54 PM, Anonymous Anonimo said...

ed ecco che un bel post, pieno zeppo, in due punti, non solo di interessanti argomentazioni ma anche, ciò che è più importante, di considerazioni fatte da 'esterni' alla effelunga. ciò faceva ben sperare in relazione alla possibilità di 'aprire' le tematiche e inserirle in un contesto più ampio. ebbene questo post langue per un pò e si esagita solo appresso ai pseudo ideali di questo o di quello. insomma, le menate idelogiche che dominano sulle problematiche reali. stiam freschi. se son solo queste le tematiche che occorre affrontare in questo blog mi sa allora che le cose si metton peggio del previsto.

ps. al tizio che si sbatte e si riempie la bocca della parola 'democrazia' consiglierei di leggerlo quelche libello invece di limitarsi a venderlo. sai, quesi cosi strani di forma rettangolare (per lo più) che stanno tutti in fila o in pila? ecco. quelli là. sono lì per esser venduti, certo, ma anche, si spera, per esser letti. per farlo occorre aprirli e sfogliarli ma non troppo velocemente perchà sennò non ci si capisce molto. comprendo che la propaganda del totalitarsimo contemporaneo è efficiente e sempre all'opera ma, che diamine!, un attimo di spirito critico è pure cosa salutare.

lasciamo stare sta mitizzazione del cacchio, poi. gianciacomo là e gianciacomo quà, la buona fede ed il sacrificio personale et amenità varie. non abbiam bisogno di idoli ma di idee

 
At 2/10/2007 10:29 PM, Anonymous Anonimo said...

risponendo al post 1:51
è proprio perchè la sinistra "istituzionale" scelse di lottare per questa democrazia che il gesto di Feltrinelli e di tutti coloro che come lui lottarono per cambiarla va valorizzato. Proprio perchè quelli che oggi si prendono milioni di euro (nostri) per star seduti a decidere dove piazzare basi militari e centri commerciali sono quelli che allora scelsero di fare i "buoni" i "non violenti". Proprio alla luce di quello che è oggi la democrazia (non solo in Italia) la scelta di chi ha lottato fino in fondo si mostra in tutta la sua validità. Se la democrazia è diventata il mezzo di riabilitazione del capitalismo, se significa scegliere una volta ogni 5 anni quale lobby appoggiare, se significa guerra, repressione e sfruttamento, allora non bisogna "lasciar stare sta mitizzazione del cacchio" ma riflettere, usare il cervello in maniera un po' meno ovvia. è per questo che ce lo abbiamo. Per non cedere al revisionismo storico che si sta facendo su quegli anni e che le librerie feltrinelli, con gli "speciali" sugli anni '70 e i "feltrinelli day", contribuiscono in maniera pesante ad accreditare; ricordiamoci sempre che la storia la scrivono i vincitori, e spesso poi hanno bisogno di farsi un "lavaggio del passato" per non creare situazioni imbarazzanti. E' quello che succede quando la Feltrinelli evita di parlare di come morì giangiacomo nel libro fotografico uscito quest'anno, o quando non distribuisce un documentario come quello di cui stiamo parlando.
Invece di accreditare le versioni ufficiali, perchè non ci chiediamo come mai un uomo di cui tutti tessono gli elogi ha una macchia così imbarazzante nella sua vita?! facciamoci le domande giuste, invece che essere sempre pronti e fedeli ad accogliere le verità che ci spacciano.

 
At 2/10/2007 10:40 PM, Anonymous Anonimo said...

uhmmmm

'Se la democrazia è diventata il mezzo di riabilitazione del capitalismo, se significa scegliere una volta ogni 5 anni quale lobby appoggiare...'

il problema è che la 'democrazia' non è diventata il mezzo di riabilitazione del capitalismo ma è nata come mezzo di diffusione di esso. riflettere quindi si. non cedere al 'revisionismo', certo anche questo ma meno certa la origine di quella che tu appelli 'democrazia'. come se si potesse distinguere la buona e la cattiva democrazia. un pò di storia per combattere il revisionismo storico non guasterebbe, non credi? altrimenti non si rimane nel 'revisionismo' che vuol farti credere che 'il popolo è sovrano'?

 
At 2/10/2007 11:30 PM, Anonymous Anonimo said...

Quando Giangiacomo tentava di mettere in atto le proprie idee rivoluzionarie, il Sottoscritto era in piazza a manifestare lo scontento studentesco che, quello sì, sembrava davvero l' unica arma contro i soprusi di polizia (e quindi dei governi di centro-destra dell' epoca), nonchè del crescente dilagare della violenza politica (di destra come di sinistra).
Era l' epoca delle Brigate Rosse, di Prima Linea, di POT.OP, di Avanguardia Operaia, ma anche di Ordine Nuovo, di Avanguardia Nazionale, di FUAN, di Rosa dei venti, di falce e martello e di croci celtiche, del dilagare di icone e di simboli, di canzoni di protesta e di spinelli.
Come moltissimi altri ragazzi (di allora) ho creduto che, nel marasma generale dell' epoca, la protesta di piazza potesse essere l' unico mezzo, forse utopico ma certo genuino, per poter cambiare un po' le cose.
Ma quando la follia ha iniziato a prendere il sopravvento sulla ragione, e quando dalla protesta di piazza si è iniziati a passare alle azioni molto forti, come gli "espropri proletari", le "spedizioni punitive", le "bombe depurative", gli "omicidi di stato", eseguiti nel nome di Ho Chi Min, di Trotskij, di Lenin, di Che Guevara, di Fidel Castro, di Mao, ma anche di Evola, Di Hitler , di Mussolini, ho iniziato a vedere molto, ma molto diversamente le cose.
Non riesco ad immaginare che un morto ammazzato da altre persone possa cambiare lo status quo (allora) attuale, figuriamoci se si muore ammazzati da se stessi, per la follia di attuare uno scopo che non avrebbe portato da nessuna parte!
Ripeto, allora, la domanda: cosa è rimasto di quegli anni?
Solo una grande, immensa, tristezza per le morti inutili...
Quando ritrovarono Aldo Moro, il Sottoscritto sentì dire da alcuni suoi compagni di scuola (dell' epoca): "... evviva! Finalmente è morto quel bastardo!!!..."
Sapete una cosa? In quel momento mi sono sentito colpevole di qualcosa di molto, ma molto piu' grande di me, che mi aveva visto comunque protagonista infelice nei migliori anni della mia esistenza, quelli che mi avrebbero dovuto aprire gli occhi sul mondo, ma che mi stavano trascinando verso il buio piu' profondo.
Da allora è passato moltissimo tempo, ma in me si è andata sempre piu' consolidando un' idea di giustizia, di equità e di ricchezza morale che mi fa davvero vedere con altri occhi ed un pensiero critico molto diverso tutti quegli avvenimenti che, in ogni caso, hanno segnato le coscienze di un' intera generazione.
Come posso, ora, essere benevolo verso un personaggio come Giangiacomo che, oltre ad essere una persona molto fortunata perche' ricca ed imprenditrice suo malgrado, aveva degli atteggiamenti di repulsione verso una società, a suo dire, capitalista e sfruttatrice del proletariato, tale da mettere in atto un' azione da psicopatico.
Giangiacomo è davvero rimasto nella storia d'Italia, ma quella peggiore, e cio' che ha fatto lo ha di certo consegnato ai posteri come una persona sì enigmatica, ma nel suo significato peggiore!!!
E tutti quelli che, nel nominarlo, si esaltano, non possono avere l' obbiettività critica necessaria per dividere quello che è stato giusto per la società moderna e quello che, invece, è stato distruttivo.
Gli anni settanta, a mio parere, hanno lasciato un grande patrimonio, seppur intensamente nefasto, su cui riflettere e studiare, ma sicuramente da non prendere in blocco da esempio per le generazioni successive.
Mi dispiace per i suoi seguaci, ma credo che Giangiacomo sia stato davvero un pericolo per la democrazia in Italia (e lo vede nelle idee dei suoi eredi), al pari di molti altri personaggi che, per fortuna, ora sono morti o marciscono in galera.

Il Mago Merlino.

 
At 2/11/2007 9:58 AM, Anonymous Anonimo said...

ecco, esattamente questa è la tesi revisionista che la sinistra oggi al potere porta avanti: anni settanta come scontro fra opposti estremismi. niente di più falso. caro mago merlino, ad ammazzare non erano solo le br, a fare le stragi era lo Stato. Quello che tutti i buoni cittadini come te difendono a oltranza. Lo sai che in galleria a Milano, di fianco al nostro più grande megastore, si trova l'esclusivo negozio di borse oxus? e lo sai chi ne è il miliardario proprietario? Delfo Zorzi. Dice niente il nome? A Milano piazza Fontana è una ferita ancora aperta, e non fu certo opera della mente di qualche eversivo di destra o di sinistra. così come la maggior parte dei così detti "misteri italiani" ha una matrice molto chiara.
Rispetto al post precedente, credo tu abbia ragione, la democrazia liberale, democrazia borghese, insomma quella di questo secolo nasce proprio come forma politica del capitalismo. ma la parola democrazia ha origini ben più lontane e un significato ben diverso. Non faccio distinzione fra "buona e cattiva" ma fra democrazia diretta e democrazia "elettorale" che si fonda sul sistema della delega. su questo poi ci si può scrivere (e sono stati scritti) fiumi e fiumi di pagine.

 
At 2/11/2007 2:33 PM, Anonymous Anonimo said...

of course. la democrazia 'ateniese' di certo era diversa ma pur sempre la decisione era di pochi e di coloro che avevano, per potenza economica o ruolo sociale, diritto alla parola. cmq, concordiamo sul fatto che è il sistema di delega ciò che fa problema.

 
At 2/11/2007 4:08 PM, Anonymous Anonimo said...

Ti sfugge un particolare.
Ho detto che la violenza era determinata dalla sete di potere dei governi di centro-destra nella loro frange piu' filoamericane che esistevano, e gli opposti estremismi tra vilenti di destra e sinistra ne era l' efficace strumento di propaganda.
Solo che, però, tutti quei poveri cristi convinti che la violenza terroristica fosse l' unico mezzo possibile per attuare la rivoluzione (del proletariato, della borghesia capitalista? e per arrivare dove? Ma lasciamo perdere...), non si sono mai resi conto che venivano tutti abilmente pilotati da gruppi occulti di potere (qualcuno ha citato Hyperion, ed io dico Servizi Segreti...).
Ed allora ecco che i 15 anni piu' bui della nostra storia, oggi, vengono ad essere presi da esempio come valori da inculcare nelle menti dei piu' giovani (e non solo), mentre dovrebbero essere oggetto di una dura critica, senza colori di sorta, per verificare se effettivamente di tutti i morti ammazzati, da tutte le parti, ci si debba ricordare sono in occasioni di anniversari.
Io non ho mai difeso lo Stato, anzi QUELLO Stato, visto che ho preso diverse botte nelle manifestazioni alle quali ho partecipato; ma ti dico, anzi vi dico, che il revisionismo, se davvero critico ed obbiettivo, puo' davvero aiutare ad individuare se, uscendo fuori dai sentimentalismi, ci fosse davvero un' idea di rinnovamento che, nel 1976 con il PCI di Enrico Berlinguer e non quella reazionaria di tutta la frangia estremista di destra e di sinistra, abbiamo solo sfiorato.
Abbiamo dovuto aspettare che il potere si cagasse in mano da solo con Tangentopoli per avere un cambiamento, se no stavamo ancora, con Gava, Forlani, Andreotti e Craxi!

Il Mago Merlino.

 
At 2/11/2007 7:56 PM, Anonymous Anonimo said...

Ma nessuno vi ha mai raccontato qualcosa di veramente vissuto di quegli anni?
Qualcuno che possa testimoniare davvero cosa si sentisse sulla propria pelle quando si urlava: "... viva questo, abbasso quello, ecc..."
E se è così, avete mai riflettuto davvero su cosa volesse significare tutta quella violenza, fantomaticamente mascherata da ideologie rivoluzionarie?
Ma rivoluzionarie di cosa? E per cosa?
Quello che si legge tutti gli anniversari affisso sui muri delle città che hanno testimoniato omicidi, stragi, rapimenti, dove si leggono ancora proclami e slogan di vendette: "... onore a questo..., nulla resterà impunito..., il tuo sangue non sarà invano, ecc...", oppure ogni anniversario in memoria di stragi di stato, partendo dall' Italicus, passando per Bologna per arrivare a D'Antona, questo fa molto piu' rumore di una bomba, perchè è proprio il segno che niente è cambiato nella testa delle persone.
Sono fiero, cari colleghi, di avere una coscienza che mi permetta di guardare oltre l' ideologia di tutti gli estremismi, ma sono anche fiero di averli vissuti e di esserne uscito in tempo.
Un errore?
Non lo so ma il tempo, per molti versi, mi ha dato ragione, ed ora sono qui a parlarne serenamente.

Il Mago Merlino

 
At 2/11/2007 11:43 PM, Anonymous Anonimo said...

x M. m. : non ha senso impostare la questione degli anni settanta in questo senso. Senza enunciare altri aspetti del problema, non è certo questa la sede adatta, solo una questione è comunque utile ricordare. L'Italia, uscita da poco dalla guerra , dal fascismo e dalla liberazione (in parte processo incompiuto, o almeno così vissuto da gran parte dei suoi protagonisti) si trova di fronte al rischio concreto di finire come la Grecia, il Cile, il Portogallo, la Spagna. Ben 5 sono i documentati tentativi di colpo di stato sventati all'ultimo momneto che coinvolgevano le + alte cariche delle forze armate e non solo. Senza analizzare le caratteristiche di quel complesso e ampio movimento che fu in Italia la lotta armata,comunque (nella maggior parte dei casi) un'altra cosa dai movimenti sociali che reagirono- determinarono-annunciarono gli sconvolgimenti strutturali di quella fase, l'esperienza di Giangiacomo ha delle caratteristiche peculiari. Partiva dall'idea che occorreva attrezzarsi politicamente e militarmente all'eventualità di un golpe in Italia, che come detto non era certo impossibile, anzi... Un'idea poi tanto deprecabile? Forse si, se allo stesso modo si sceglie di deprecare la Resistenza. (pensate ai Gap di Pesce)Come sempre i + pericolosi sono quelli che si mascherano dietro il velo dell'imparzialità, dela neutralità rispetto alle "ideologie" e tanto + dagli "estremismi". Perchè sono i + convinti di avere sempre ragione, di essere la Verità che sta al centro. Sono loro, come sempre l'Humus dei fascismi, o peggio di quello che viviamo ora. Come scriveva Fenoglio la Resistenza era in ogni caso in primo luogo la capacità di Scegliersi la parte. In un paese dove Cossiga (Gladio) Berlusconi (P2) e fino a poco tempo fa anche Sogno, trovano perfetta cittadinanza, anzi ci governano, e chissà quanti altri.... forse un posticino per il partigiano Giangiacomo e quelli come lui occorre pure lasciarlo nei nostri albi di famiglia? o no? Per non parlare , chiaro, dell'attività editoriale e culturale oltre alla militanza politico-partigiana. Certo Mago Merlino che se tu sei così leggero di cervello e assiemo vuoto di valori da esprimerti in questi termini "al pari di molti altri personaggi che, PER FORTUNA, ora sono morti o marciscono in galera.", significa proprio che è ora che ti prendi una pausa di riflessione e provi un po' di + a studiare, a chiedere a chi veramente c'era... Visto che parli sempre tanto di qualità dei commessi Feltrinelli... e sono d'accordo... spero che di ignoranti, superficiali, cinici disillusi, maniaci dell'onanismo informatico- reticenti fino alle estreme conseguenze alle opportune terapie psicoanalitiche oggettivamente improcastinabili... ce ne siano pochi in Feltrinelli, se no è dura lamentarsi della dirigenza con gente di tal fatta!

FIRMA:uno che non scrive nei muri ma continua a dire Onore ai compagni caduti, onore a Francesco, Gianninino, Walter, Giorgiana, Mara, Claudio, e per ultimo a Carlo... e libertà per chi sta dentro. Uno che sceglie ogni giorno nella vita e al lavoro la strada della resistenza.

 
At 2/12/2007 7:45 PM, Anonymous Anonimo said...

Forse prendi le distanze da quel periodo perchè in fondo ti mancano i tuoi vent'anni, mago

exdiscrmsgall

 
At 2/12/2007 10:47 PM, Anonymous Anonimo said...

No, non ci siamo!
Io non ho mai detto che prendo le distanze da una buona fetta di storia italiana recente ma, invece, voglio vedere con occhi un pò piu' critici quel periodo.
In fondo, di acqua sotto i ponti ne è passata (e ti dico che i miei vent' anni li ho vissuti molto intensamente) e di cose ne sono successe moltissime.
Gli omicidi di Stato non sono serviti altro che a confondere ancora di piu' le idee e le menti della popolazione sana, quella che credeva che la discussione, il confronto ed il voto popolare potessero essere determinanti al cambiamento.
I "partigiani" come Giangiacomo, come qualcuno ha invece detto, si sono attrezzati per esprimere un terrorismo fine a se stesso che ci avrebbe portati alla guerra civile, al pari di De Lorenzo, di Sogno, di Giannettini, e non faccio differenza tra il colore delle loro idee, perchè niente mi toglierà dalla testa che, consapevolmente o inconsapevolmente, sono stati tutti, ma proprio tutti guidati dalla stessa mano.
Solo che, dal punto di vista di chi manifestava, gli scontri armati contro l' opposta fazione ed i celerini erano l' occasione di dimostrare che la lotta armata ci avrebbe portato ad un utopica libertà da ingiustizie.
ma voi credete davvero, nel profondo delle vostre coscienze che quel terrorismo ci avrebbe potuto proteggere da un colpo di stato?
E come? Aggiungendo violenza alla violenza?
Mi dispiace, ma non giustificherò mai le idee e l' azione di Giangiacomo, così come di tutti i terroristi come le Brigate Rosse, i Nap, il Fuan, la Rosa dei Venti, e Piazza Fontana, Piazza della Loggia, l' Italicus, la Stazione di Bologna, Aldo Moro, l' aereo dell' Itavia e tutti quelli che, nel tentativo di affermare la giustezza della lotta politica, hanno ammazzato degli innocenti.
Lasciamo perdere i discorsi che riguardano il Cile, la Grecia, la Spagna del Colonnello Teijero che hanno avuto o sfiorato la guerra civile.
Noi siamo sempre stati, storia alla mano, il crocevia tra Ovest ed Est, lo spartiacque tra due mondi ed, avendo giurato (Aprile 1948, DC docet...) fedeltà agli Stati Uniti, ogni timido tentativo di cambiamento è stato sempre soppresso da un' azione di forza.
Un esempio su tutti.
1976, DC:38%, PCI:36%.
Il cambiamento ad un passo ma, come per incanto, esplodono le BR, ed allora l' opinione pubblica, abilmente sostenuta da certa stampa e dalla forte propaganda anticomunista (ma guarda un pò...), prende le distanze da un eventuale cambiamento, diffidando della natura rivoluzionaria ed armata della lotta di popolo, tanto propugnata dalle BR stesse, ma abilmente manovrata da certi Servizi Segreti, a loro volta un tutt'uno con il Maccartismo piu' sfrenato.
Allora, come la mettiamo?
Qualcuno, però, è ancora convinto della giustezza della lotta armata e chiede onore ai "compagni" o ai "camerati" caduti.
Ma caduti per cosa?
I miei vent'anni, caro exdiscrmsgall, li ho trascorsi inseguendo i miei sogni e non quelli di pazzi scatenati.
Alcune cose le ho ottenute ma altre, e su questo devo darti ragione, le vedo davvero lontane e, forse, non arriveranno mai.
Ne vuoi sapere una?
La giustizia sul lavoro, questa si che semra una chimera...
Ho quasi cinquant' anni, mica uno scherzo e dico, a te come ai criticoni facili, che gli anni settanta non sono stai solo "febbre del sabato sera", ma anche sprangate l' uno contro l' altro, ma senza sapere mai bene perchè...

Il Mago Merlino.

 
At 2/13/2007 2:23 PM, Anonymous Anonimo said...

Sono d'accordo con quasi tutto ciò che ha scritto il Mago Merlino in questo ultimo post, tranne che su una cosa, cioè il fatto che le BR possano essere state frutto di una manovra dei servizi segreti per evitare il 'sorpasso' del PCI sulla DC. Questa è una cosa per la quale non esiste uno straccio di prova storicamente attendibile, ma solo voci incontrollate. E sulle voci non si costruisce la Storia. Andando avanti a dietrologie si ipotizzano cose suggestive, ma si finisce anche per smarrire i dati oggettivi. Per il resto, come dicevo, concordo con Merlino: un capitolo buio, violento e disperato, che non ha sortito nulla di buono per l'Italia.

 
At 2/13/2007 3:27 PM, Anonymous Anonimo said...

le br non sono gli anni settanta

 
At 2/13/2007 6:50 PM, Anonymous Anonimo said...

e gli anni settanta non sono stati solo le br
ex allieva

 
At 2/13/2007 9:27 PM, Anonymous Anonimo said...

Certo non sono stati solo le BR, ma solo perchè hanno compiuto l' atto piu' clamoroso agli occhi del mondo intero.
Ma io non dimentico il FUAN, la Rosa dei Venti, i NAR, i GAP (dice niente questa sigla?), Prima Linea, e tutta la miriade di gruppuscoli che hanno infangato il nome degli italiani che credevano in un cambiamento dettato dalla forza delle idee, e non delle violenza!
Le BR non sono gli anni settanta, ma per lo stesso motivo.
Qualcuno dimentica che, nella fase critica di Aldo Moro, un certo Bettino Craxi è stato l' unico politico italiano ad essere favorevole ad una trattativa con i terroristi.
E questo come lo vogliamo chiamare, se non Terrorismo di Stato, abilmente mascherato da finta pietà!
Ogni giorno vedo scritte sui muri che inneggiano ancora alla violenza ed al terrorismo, alla memoria violenta dei caduti negli scontri degli anni settanta ed "...dal tuo sangue nascerà la rivoluzione..."
Ogni giorno, cari colleghi del blog, ringrazio Dio di esserci ancora, dopo aver visto il sangue per le strade e le spranghe ed i coltelli che volavano in aria come coriandoli...
Ed oggi, proprio come allora, mi torna in mente un passato che ritenevo sepolto, giusto leggendo degli arresti di 15 presunti neobrigatisti(?), e penso che il tempo trascorre ma non passa, e mi torna la memoria a Via Fani a Roma ma anche alla Stazione di Bologna.
Ed allora cerco di non pensarci, di credere che c'è ancora qualcosa di buono nella società di oggi, di credere come diceva mio padre, che l' impegno e la fede nelle proprie idee alla fine pagano sempre.
Aggiugo io: alla fine di cosa?
Mo dispiace per tutti voi, ma non riesco ad andare oltre...
Buona serata a tutti.

Il Mago Merlino.

 
At 2/14/2007 12:46 PM, Anonymous Anonimo said...

Io che sono distante, anagraficamente, da quel periodo e che non ho minimamente voglia di impelagarmi in ideologismi o revisionismi che non servono a nulla. Io che ho solo la volontà di vedere con una prospettiva storica/economica/sociale il periodo passato mi domando perchè non si voglia accettare semplicemente la seguente affermazione:

sia i movimenti (anni 60), sia il terrorismo (anni 70) hanno contribuito a porre in difficoltà un struttura statuale (istituzioni + partiti) a tal punto da ottenere, indirettamente/direttamente, dei vantaggi per la classe lavoratrice. E qs è ancora più evidente, considerati tutti i tentativi di soffocamento messi in atto internamente ed esternamente dalle istituzioni (dal terrorismo nero alle stragi di stato, dal PCI alla DC, dalla distruzione sociale ed urbana dei legami di classe e solidarità al collateralismo sindacale, ecc...).

Il soffocamento dei due momenti di lotta ha determinato, storicamente, l'oggi, come lo viviamo. Rinnegare uno dei due è una sciocchezza. Anzi un vantaggio enorme per la classe dominante.

Un collega

 
At 2/14/2007 1:49 PM, Anonymous Anonimo said...

Scusa....non ho capito....rinnegare cosa e' una sciocchezza..i movimenti o il terrorismo....potresti spiegarti meglio......

 
At 2/14/2007 3:12 PM, Anonymous Anonimo said...

.....Il soffocamento dei due momenti di lotta ha determinato, storicamente, l'oggi, come lo viviamo. Rinnegare uno dei due momenti di lotta (terrorismo, movimenti) è una sciocchezza. Anzi un vantaggio enorme per la classe dominante.....

E' la solita litigiosità della sinistra.

E' non accetto assolutamente sciocchezze del tipo:
- con la violenza non si ottiene nulla -> perchè sia ieri che oggi non fronteggiamo un sistema pacifico che ci comprime con mezzi "illuministici"
- i movimenti sono state solo cazzate che non hanno inciso -> perchè senza la loro rielaborazione non ci sarebbe stato alcuna presa di coscienza, alcuna crescita ed ora avremmo solamente le macerie

Un collega

 
At 2/14/2007 4:00 PM, Anonymous Anonimo said...

SEI UN COGLIONE......PROBABILMENTER MOLTO GIOVANE E MOLTO IGNORANTE; SICURAMENTE NON PUOI RICORDARTI LA MACCHINA CRIVELLATA DI PROIETTILI IN VIALE CASSALA, QUI A MILANO CON DENTRO I CORPI DI TRE POLIZIOTTI CHE FACEVANO IL GIRO DI CONTROLLO VICINO AL MIO LICEO E CHE TUTTI CONOSCEVAMO DI VISTA....
NE'IL VISO DELLA MAESTRA DI MIA SORELLA ALLA NOTIZIA DELL'OMICIDIO DEL FRATELLO, PER STRADA...DA PARTE DI SEDICENTI COMPAGNI POI SCAPPATI IN FRANCIA..FORSE NEMMENO TI RICORDI DELLE PIAZZE PIENE, DOLOROSE, INCAZZATE...NON TI RICORDI I FUNERALI DEL GIUDICE ALESSANDRINI...E LE BANDIERE ROSSE A LUTTO PER MORO E PER LA SCORTA, FORSE NON TI RICORDI DEL VIDEO DEL FRATELLO DI PECI, BRIGATISTA PENTITO, PRIMA TORTURATO E POI AMMAZZATO COME UN CANE...FORSE HAI DIMENTICATO GUIDO ROSSA, SINDACALISTA AMMAZZATO A GENOVA....QUESTI SONO ALCUNI DEI NOSTRI MORTI, SI', I POLIZIOTTI, I GIUDICI, GLI OPERAI, SONO I NOSTRI MORTI...QUINDI CARO COLLEGA RICORDA.....E PRIMA DI SCRIVERE PENSACI DUE VOLTE...

 
At 2/14/2007 5:32 PM, Anonymous Anonimo said...

Chiunque difende i suoi ideali e costruisce la sua felicità causando l'infelicità del prossimo, turba l'armonia del creato.

exdiscrmsgall

 
At 2/14/2007 5:50 PM, Anonymous Anonimo said...

1) se vogliamo buttarla sulla soggettività, sul piagnisteo, sulla emozionabilità, sul sensazionismo sarebbe un discorso tra sordi.
E' sarebbe solo "Spettacolo" che non serve a nulla se non al padrone e a litigare tra noi!
La storia non ragiona e non vive di queste cose e dice che all'epoca c'era una crescita dei diritti soggettivi e delle tutele, si viveva una idealità ben più progressiva di oggi. E tutto ciò era conseguenza degli eventi CONCRETI, per quanto sanguinosi.
Da quando la storia è fatta tramite le istituzioni, Stato e partiti, con il loro sistema di gioco chiamato democrazia, tutto è regressivo, è alienante.

2) Chiunque difende i suoi ideali e costruisce la sua felicità causando l'infelicità del prossimo, turba l'armonia del creato.

Porgere la guancia ad uno schiaffo può essere un bel gesto per alcuni, non per me.
Porgere la guancia ai cazzotti del sistema è un gesto da coglione.

Un collega

 
At 2/14/2007 10:11 PM, Anonymous Anonimo said...

Continuo a dire: non confondete i meravigliosamente tragici anni settanta con l'esperienza della lotta armata, che tra l'altro, comunque, non può essere essa stessa ridotta alle becere conseguenze che ha prodotto (moro , rossa, peci...) Quel decennio ha prodotto idee molto feconde per l'oggi. Il femminismo, l'idea del personale-politico, il rifiuto dell'idea della "transizione" a qualcosa a venire, e con essa l'idea che in quella fase di mezzo tutto è permesso, l'esperimento di nuove forme del comunicare, il riufiuto del lavoro salariato e della perversa esaltazione dello stesso fatta dalla sinistra istituzionale... insomma tante, tante cose... e l'opposto della morte che voi state citando in questo , pur interessante, dibattito. E tanta voglia soprattutto di rivoluzione. Dell'idea cioè che la politica acquisti senso solo se concepita come strumento per cambiare effettivamente lo stato di cose presenti. E non, come pensano tanti ex ex ex - futuri Partito Democratico, solo per gestire "tecnicamente meglio" il Sistema. Tra l'altro ci tengo a dire una cosa, cari colleghi, va beh che noi siamo sempre carcerati dentro le librerie, ma fuori qualcosa si è mosso anche dopo i settanta!! Quanti di voi erano a Genova? Quell'esperienza è stata la + importante degli ultimi 40 anni, dal movimento del '77 e ne ha ripreso, se guardate bene, le feconde intuizioni. E oggi noi tutti, in barba al nichilismo qualunquista che aleggia in alcuni post di questo dibattito, abbiamo davanti ancora molte sfide, e la possibilità di scrivere ancora pagine di quella Storia che è lontano dall'essere finita, come qualcuno ha scritto, nel 1989, o magari nel 2001. ....Iniziamo da Vicenza!

FIRMA: Un collega che sabato prossimo vorrebbe prendere un giorno e andare a Vicenza, perchè non vuole solo parlare del passato e non si è ancora stancato di lottare!

 
At 2/14/2007 10:38 PM, Anonymous Anonimo said...

Io a Genova ci sono stata, ma avrei preferito non vedere tanta violenza così gratuita, esercitata, da chi era lì pagato da noi tutti per evitarla!

Ex allieva

 
At 2/15/2007 11:57 AM, Anonymous Anonimo said...

INSISTO A DIRE CHE E'UNA STRONZATA SOSTENERE CHE I DIRITTI CONQUISTATI NEGLI ANNI '70 SIANO FRUTTO DELLA LOTTA ARMATA E DELLA VIOLENZA CIECA E BESTIALE DEI TERRORISTI...E' UNA STRONZATA MA ANCHE UNA FALSITA' STORICA...TI SEI DIMENTICATO LE LOTTE OPERAIE, L'AUTUNNO CALDO, LE PROVOCAZIONI DEI FASCISTI, LA LOTTA PER IL DIVORZIO E L'ABORTO, LO STATUTO DEI LAVORATORI...CONQUISTE FRUTTO DI SCIOPERI, CONTRASTI ANCHE DURI MA SEMPRE O QUASI NEI LIMITI DELLA DEMOCRAZIA...NEL MOMENTO IN CUI PERDIAMO LA CAPACITA' DI COMMUOVERCI E DI VERSARE LACRIME SIAMO MORTI....E IO VOGLIO VIVERE ED ESSERE ANCORA IN GRADO DI PIANGERE PER CARLO A GENOVA COME PER I POLIZIOTTI UCCISI NEGLI STADI E RICORDARE LE CENTINAIA DI CADUTI IN QUESTI ANNI....NELLE STRADE, SUI TRENI, SUGLI AEREI...FA MALE LEGGERE SUQUESTO BLOG PAROLE COSI' PIENE DI ODIO E DI VI0LENZA...."SENZA PERDERE LA DOLCEZZA"....

 
At 10/26/2007 9:09 AM, Anonymous Anonimo said...

hL99Mq Your blog is great. Articles is interesting!

 
At 10/26/2007 7:58 PM, Anonymous Anonimo said...

4SPSZT Nice Article.

 
At 10/26/2007 8:58 PM, Anonymous Anonimo said...

JbLe2W Wonderful blog.

 
At 10/26/2007 9:11 PM, Anonymous Anonimo said...

Cm1Yvd Nice Article.

 
At 10/26/2007 9:28 PM, Anonymous Anonimo said...

Thanks to author.

 
At 10/27/2007 9:08 PM, Anonymous Anonimo said...

Wonderful blog.

 
At 10/27/2007 9:57 PM, Anonymous Anonimo said...

Good job!

 
At 10/28/2007 3:31 PM, Anonymous Anonimo said...

Nice Article.

 
At 10/30/2007 7:05 AM, Anonymous Anonimo said...

Magnific!

 
At 10/30/2007 10:20 AM, Anonymous Anonimo said...

Hello all!

 
At 10/31/2007 7:21 PM, Anonymous Anonimo said...

VKeqnF Hello all!

 
At 10/31/2007 7:50 PM, Anonymous Anonimo said...

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