4.22.2007

la versione integrale

"LA FELTRINELLI"
di Max Stèfani
da MUCCHIO SELVAGGIO APRILE 2007 N° 633

C'ERA UNA VOLTA.
DA QUALCHE HANNO LA GESTIONE DELLE LIBRERIE FELTRINELLI, DIVENTATI MEGASTORE CON L'ACQUISIZIONE DELLE VECCHIE RICORDI, E' IN MANO A MANAGER BOCCONIANI USCITI DALLA GS SUPERMERCATI. LA QUALITA' DEL SERVIZIO E' CROLLATA, I LAVORATORI SEMBRANO SFRUTTATI SENZA RITEGNO. L'ANNO SCORSO SONO SCESI IN SCIOPERO. A DISTANZA DI UN ANNO FORSE LA SITUAZIONE E' ANCORA PEGGIORATA. C'ERA UNA VOLTA UN'AZIENDA CHE PUNTAVA TUTTO SULLE RISORSE UMANE. DOVE LAVORARE ERA UN PIACERE. C'ERA UNA VOLTA APPUNTO. NE PARLIAMO CON UN EX DIRETTORE, DA POCO FELICEMENTE APPRODATO A UN ALTRO LAVORO, CHE MANTIENE STRETTI RAPPORTI CON I SUOI DIPENDENTI.


L'anno scorso, di questo periodo, siete andati su tutti i giornali per il primo sciopero dei lavoratori delle LIBRERIE FELTRINELLI. Fu un caso nazionale. Molta gente non si capacitava. Per molti era come andare contro la propria madre. Poi tutto è finito lì. Quali erano i problemi allora, quali sono oggi e perchè non ci sono stati altri scioperi? A leggere il blog http://effelunga.blogspot.com/ ne succedono di tutti i colori.
Non c'è stato un seguito perchè i nostri sindacati ci hanno pregato di smettere perchè non si poteva scioperare contro un'istituzione sacra della sinistra di questo paese. Abbiamo sbagliato. D'altra parte non si capisce più da che parte stia il sindacato. Il blog non è che la punta dell'iceberg. Perchè poi lì alla fine ci vanno a finire gli sfoghi di quelli che comunque hanno avuto una storia lavorativa finita male, si trovano in situazioni stressanti o mal digeriscono questa immagine di Feltrinelli che non corrisponde alla realtà. Comunque rende benissimo l'idea dell'insoddisfazione generale dovuta al cambio di gestione. C'è gente che sta lì da venti anni e che non ci si ritrova più. Le cose sono cambiate nel momento in cui si è messo tutto in mano a gente (Giambelli, Sardo e compagnia) proveniente dalla GS. Mentre contemporanemente la vecchia dirigenza, gente con le palle come Montroni o Antonini è stata fatta fuori. Ovviamente con l'approvazione della famiglia Feltrinelli. La conduzione delle librerie è stata equiparata alle logiche commerciali di un supermercato. Mobbing, sfruttamento del personale, riduzione dello stesso etc. Senza contare l'atteggiamento strafottente.

Quando c'è stato questo cambiamento?
Le cose sono cambiate nel 1999-2000 con l'acquisizione della catena Ricordi. Una scelta manageriale per differenziare il prodotto e ingrandirsi. Prima si fatturava 10 solo con i libri, adesso 20 con dvd e musica. Anche se i libri vanno comunque sempre meglio, perchè Feltrinelli continua a essere nell'immaginario collettivo un marchio legato ai libri. Ovviamente a quel punto le cose dovevano cambiare per forza. Quando devi competere con mostri come Euronics o Fnac devi avere i mezzi per combattere. Finchè trattavi solo libri potevi anche stare nel tuo piccolo orticello ma nel momento in cui scendi nell'arena per combattere devi adeguarti alle loro stesse logiche commerciali.

Cosa vuol dire esattamente "logiche commerciali"?
La grande distribuzione si basa soprattutto sulla produttività oraria. Se la libreria "X" vende 100, io mi posso permettere 8 librai/commessi. E' un'equazione commerciale valida per tutta la grande distribuzione. Conta solo la produttività oraria. Ovvio che la qualità cala perchè bisogna rientrare nei budget.
Ti faccio un esempio. I megastore sono aperti 7 giorni su 7 con un orario che va dalle 10 del mattino alle 21. Il direttore della libreria non ce la fa materialmente a tenere questo ritmo. Di conseguenza si comincia a delegare magari
gia dando le chiavi delle casse e del negozio a un terzo livello che non dovrebbe avere questa responsabilità. Stessa cosa i responsabili di cassa che devono mettere la firma sulla chiusura delle casse, mettendo l'ok sui conteggi finali delle 10 casse. Se questa firma me la mette un primo livello ci posso pure stare, ma non quando alla cassiera più anziana, che è sempre comunque un quarto livello, la costringi a prendersi una responsabilità che non è la sua. Così succede che a forza di delegare ognuno fa molto di più di quello per cui è stato assunto prendendosi responsabilità che non sono sue. Non potrei fare ordini di novità ma lo faccio lo stesso, vado in magazzino e lavoro i colli ma non sono magazziniere...
Io facevo dieci cose contemporaneamente. A volte alla sera uscivo con venti milioni in una busta per andare a versarli nella cassa continua...Se mi rapinavano? Quando ho chiesto anche un riconoscimento monetario mi hanno risposto "mi dispiace ma questo è il contratto". Ma neanche ti danno un riconoscimento morale! Chessò, una pacca sulla spalla. Allora, ho detto, ok adesso faccio quello per cui sono pagato, ma diventi subito una sorta di dissidente. Se tu rifiuti quello che ti propone l'azienda, che è sempre oro ovviamente, sei un traditore. Secondo i loro conti non posso permettersi secondi o terzi livelli. E vogliamo parlare dei turni? La libreria apre alle 10 del mattino. I primi però entrano alle 8 per fare l'approvigionamento dei banchi. Come alla Pam o a Panorama. Ti ritrovi con interi piani gestiti da una persona sola. Un ragazzo, un quarto livello, che viene messo lì per otto ore. E' l'unico che può stare dietro al cliente, mettere i libri sui banchi, prendere un ordine per un libro, un cd o un dvd. La qualità del servizio crolla totalmente.
Prima non era così.
Per tanti anni a Feltrinelli hanno puntato tutto sulle risorse umane. Lavorare da Feltrinelli era il paradiso. Agevolazioni, quindicesima...Ma non era solo questione di soldi. Era l'ambiente, il rapporto umano. Adesso facciamo degli orari che sono da miniera del Furci. La domenica dalle 10 alle 21, spesso da soli in tutto il piano. Se ti vuoi andare a prendere un caffè non è possibile. Sei responsabile di un intero piano dalla mattina alla sera. Arrivi alle 16 che sei già morto. Devi sentire mille persone al giorno. La risorsa umana è completamente demotivata a tutti i livelli. Si è persa quella che era la peculiarità per 30 anni della Feltrinelli, quella del servizio al cliente. C'erano dei professionisti. Adesso ci sono commessi che non sanno neanche dirti il prezzo del libro. Magari mettono in un intero piano di libri una persona abituata a vendere dischi che i libri non sa neanche come sono fatti. Però ti copre il settore. Non c'è ovviamente più nessuna gratificazione sul lavoro. Se tu vai a sentire gli anziani ti metti le mani nei capelli. La concessione dei livelli è praticamente bloccata da 5-6 anni. Perchè per loro elargire un "livello" vuol dire aumentare le spese di quel punto vendita. Per carità! Per questi nuovi manager vendere una bistecca o un libro è la stessa cosa.

Esiste una differenza tra la casa editrice Feltrinelli e i punti vendita?
Sono due ditte differenti. La casa editrice è una cosa, i Megastore un'altra. Se tu guardi su internet e digiti "Librerie Feltrinelli", ti si apre la catena dei negozi. Se digiti "Feltrinelli" ti si apre la casa editrice. Prima Feltrinelli editore e le librerie Feltrinelli erano una società unica. Adesso sono due cose differenti. Due gestioni diverse, sia fiscali che finanziarie. Carlo Feltrinelli da 5-6 anni ha deciso di fare solo l'editore e di disinteressarsi dei punti vendita. Gira il mondo cercando nuovi autori, si è anche buttato nel cinema, produce dvd. Scelte giustissime anche perchè è una persona seria, ma ha tralasciato le Librerie Feltrinelli in mano a questi manager bocconiani che veramente...Inge sta sulle nuvole. Le Librerie Feltrinelli vanno avanti per conto loro. Sono "cash and carry", una macchina da soldi. Galleria Colonna (a Roma) fattura 20 milioni di Euro l'anno. Anche se secondo me pensavano di fare più soldi con i Megastore. Partirono con Piazza dei Martiri a Napoli, grande inaugurazione con Bennato etc. Alla partenza la cassiera doveva fare la cassiera, il libraio il libraio. Il venditore di dischi il venditore di dischi e via di seguito. S'inventarono anche il "servizio clienti" . Una sezione dedicata alla gestione dei clienti con una scrivania, una persona. Adesso è praticamente scomparsa e non esiste più una figura fissa, perchè in sala sono più produttivi. Adesso non esiste neanche più l'amministrativo che fa solo l'amministrativo, cioè che conta i soldi tutto il giorno. La struttura era nata per sorreggere tanti stipendi, ma come si sono resi conto che la coperta era più corta, non hanno potuto far altro che chiedere al ragazzo che era stato assunto per fare solo l'amministrativo di fare 3 ore e le altre ore in cassa.

Insomma le "LIBRERIE" erano un'altra cosa?
Direi. Ma Cristo non usare più questo nome storico. Chiamale "Le Fonderie Feltrinelli"! Ormai gli operatori sono trattati da operai. Sei un numero. Se mi stai sulle palle per qualche motivo ti mando a Treviso. Tu che mi dici? Molti alla fine mollano. Esistevano una marea di part-time per esempio. Tu per lavorare la domenica vuoi 100 Euro? Vabbè, non mi servi. Stattene a casa. Prendo un part-time con contratto a 3-4 mesi a 20 ore e gli faccio fare 10 ore il sabato e 10 la domenica e mi costa di meno. Adesso anche loro sono stai tutti spazzati via dalla restrizione degli organici. Bisogna farsi un'altra domanda. Come ha fatto Feltrinelli a diventare quello che era? Perchè c'era la sensibilità di gestire bei libri e un bel catalogo e la volontà di essere vivi culturalmente. Una volta la "testata di banco" la facevo io perchè mi era piaciuto un libro sulla filosofia orientale e lo inserivo. Ne ordinavo 30 copie e lo inserivo perchè era un bel libro. Adesso quello spazio è venduto al miglior offerente. C'è Bruno Vespa da vendere. Esiste questo mito che associa al nome Feltrinelli la cultura, condizioni dei lavoratori da prendere come esempio, ma non è affatto vero. Siamo trattati come bestie.
Tanto è vero che il loro editore di riferimento è Berlusconi e associati. Che è anche giusto, vista la quota di mercato, ma si sono superati certi limiti. Tempo fa venne Carlo Feltrinelli da me e mi chiese: "come mai c'è un'esposizione così forte della Mondadori e i libri della Feltrinelli non si vedono?" Io gli ho risposto: "dovresti parlare con i nostri-tuoi manager . Ce li hai messi tu mica io!".
I manager d'altra parte devono fare fatturato e spingono Mondadori che pubblica Vespa etc. Però domando, tanti anni fa avrebbero preso adesso come tutti gli anni le 1.000 copie del solito libro di Vespa? Prendiamone solo 400 e le altre 600 magari ce le giochiamo con 10 libri buoni del piccolo editore. Magari anche di Rizzoli. Adesso siamo un punto vendita di Berlusconi.
All'entrata dei nostri negozi non esistono piu' le macchie degli editori. Perchè devo fare un lavaggio del cervello a chi entra parlando di Vespa etc. Una volta aiutavamo la piccola editoria a crescere. Uno come Donzelli l'abbiamo aiutato moltissimo, ma una volta eravamo librai adesso siamo smerciatori di libri. Anzi, di oggetti.

L'informatica funziona?
C'è il progetto PRC. Un'azienda esterna è stata profumatamente pagata per per insegnare a noi, che siamo lì anche da 20 anni, a gestire la merce nel magazzino e a suddividerla nei vari settori. Hanno progettato un sistema che sulla carta funzionava alla perfezione però ha una piccola falla. Se non hai le persone che ti stanno in magazzino e fanno il lavoro manuale, che dividono la filosofia da una parte, i dvd dall'altra...si ferma tutto. Se in tutto il magazzino c'è solo una persona, e al massimo un'altra part time che deve gestire 11 milioni di merce...Chi lo fa? In fatti vai a vedere come è il magazzino adesso e ti metti le mani nei capelli. Non si fa neanche in tempo ad aprire la merce che arriva. Senza contare la resa dei vecchi libri.
Uno ha la password per ordinare, uno solo per lavorare in cassa...Un casino. Mancano le persone. In alcune librerie sono in pochi, in altre in troppi. Loro fanno una semplice equazione: "tot fatturato tot persone". Va a metro quadro. Se poi c'è il deserto pazienza. Poi se ti chiedono "L'estetica" di Hegel e non c'è, vaglielo a spiegare al cliente indignato. Però stanno attenti a farti notare che non si dice "salve" al cliente ma, "buongiorno". Sempre il sorriso sulle labbra. Come se io, dopo 10 ore di lavoro, avessi ancora voglia di sorridere. Poi "mi raccomando quando cercate il libro dovete intrattenere il cliente"...sì, gli racconto delle barzellette! Per non parlare poi dell'orario 20-21. Se tu entri a quell'ora trovi una persona a piano. Se la trovi. Perchè in quell'ora si vanno a buttare i cartoni. Quindi tu entri e non trovi nessuno. Magari c'è una persona che dovrebbe stare al piano ma sta alla cassa ad aiutare l'unica cassiera, poi trovi le custodie di cd aperte senza dentro il dischetto. In quei 60 minuti si potrebbero portare via tutto. C'è uno stanzino con le telecamere che sono puntate ovunque, ma non c'è nessuno che le guarda perchè hanno deciso di risparmiare anche su quello. E poi siamo aperti sempre. Siamo stati gli unici a restare aperti quando è morto il Papa. Non guardano in faccia nessuno. Abbiamo scritto una lettera a Carlo Feltrinelli, ma ti pare che ha risposto?
Certo la gente fa ancora la fila per venire a lavorare alla Feltrinelli ma come in qualsiasi altro posto.
Però in tutto questo risparmiare, a scapito della qualità, i soldi comunque entrano...
Il fatturato negli anni è ovviamente aumentato...D'altra parte ogni anno aprono due-tre punti vendita. Vedi viale Libia a Roma, l'anno scorso a Viale Marconi. L'anno prima è stato rimodernato Viale Giulio Cesare. Evidentemente si sono molto esposti con le banche e per recuperare questa esposizione con le banche...dove vanno a risparmiare? C'è anche molto "mobbing". Le persone "puntate" iniziano a ricevere lettere di richiamo, minacce di trasferimento...Loro dicono che non è licenziamento in quanto hanno il diritto di spostarti da un punto vendita all'altro, ma certo se da Roma ti mandano a Treviso...Purtroppo c'è un contratto sindacale...

Appunto. Ma i sindacati?
Io ero un primo livello. Se andavo a lavorare la domenica prendevo 150 Euro come bonus. Ero un direttore e quindi mi pagavano il fatto che mi alzavo la domenica e andavo a lavorare. I commessi prendevano un 70-80 euro se si svegliavano la domenica. Secondo il nuovo contratto nazionale di 2 anni fa, adesso si prendono una ricca pacca sulla spalla. Il concetto è "lavora e non rompere i coglioni". Hanno messo sul contratto che la turnazione non è sui 6 giorni lavorativi ma sui 7.Non esistono più i giorni festivi. E' la logica dei supermercati. Per questo ti dico parliamo di megastore e non più di Feltrinelli.
I sindacati firmando avranno ricevuto qualcosa in cambio. Non so cosa. Potrebbe anche essere un aumento del ticket per esempio. L'ultimo aumento è stato di qualche decina di centesimi. Adesso è quasi 6 Euro. Voglio vedere in centro a Roma dove mangi con 6 Euro. Forse a Catania. Anche ai direttori adesso chiedono la mobilità totale. A volte senza un motivo. Giusto per rompere le palle. Ovviamente la risposta è del tipo "guardate che con i 1700-1800 euro al mese che mi date io fuori zona non ci campo". Se ti spediscono da Roma a Treviso o da Genova a Brescia è come se ti costringessero a firmare le dimissioni. Ovviamente con buone uscite in nero. Io sono uno dei pochi andati a giudizio (e quando hanno visto che tenevo duro hanno calato le braghe), ma la maggior parte che magari si caca sotto e non ha soldi o tempo a disposizione, di fronte a 15.000 euro sull'unghia...Si racconta di passaggi notturni di buste piene di soldi...Il blog è poco attendibile in quanto anonimo, ma c'è molto di vero.

Un commesso/libraio quanto guadagna?
900-1000 euro al mese.

Come è finita la concorrenza con FNAC?
Il grande scontro con FNAC è finito. Ha vinto Feltrinelli. Doveva essere la calata dei francesi ma si sono fermati subito. Napoli, Verona, Genova, Torino e Milano. Non c'è abbastanza fatturato (in Italia) a livello di "prodotti culturali". FNAC, se solo volesse, si mangerebbe Feltrinelli in un solo boccone. E' una catena mondiale, mentre Feltrinelli è solo italiana. Mondadori non è concorrente. Sono strutture vecchie come erano le Rizzoli arancioni troppo piccole per reggere. Melbookstore, che è di un privato, sopravvive, ma credo sia solo a Roma e a Milano. Mi sembrano un pò più umani, hanno anche l'usato che è una scelta indice di un differente modo di ragionare.

Come vengono scelti i libri da "spingere"?
Se la sede ti manda 5.000 pezzi di Moccia, io in qualche modo li devo vendere. Quindi un direttore sa come fare una "pagina". La "pagina" per esempio sono quelle due pareti appena entri. Quindi è gestita solo teoricamente dal direttore. Se mi mandi 1.000 copie di Vespa, anche se a me fa cagare, le devo in qualche modo smaltire. Poi 3-4 volte a settimana arrivano diciamo delle "imposizioni", nel senso che la direzione commerciale si è venduta lo "spazio". Magari non in soldi, ma un punto di percentuale in fattura. E lì non hai spazio per intervenire.
Le case editrici medio-piccole sono fuori dal gioco. A volte possono essere salvate dalla sensibilità dei direttori o di qualche libraio. Però non puoi intervenire sul computer. Chessò, se si parla di un libro perchè c'è un dibattito su un tema o un apparizione tv puoi forzare un attimo ordinando 30 copie invece che 10 e lo inserisci a forza "in pagina". Vale anche per i dvd o i cd ovviamente. Se hai un libro che potrebbe vendere 2.000 copie da Feltrinelli non ci arrivi. A meno che non convinci il direttore, personalmente, nel senso che vai lì e ci parli a quattr'occhi, a prenderti dei libri in conto vendita. A volte succede. Può anche essere che tu abbia una notorietà locale però si tratta sempre di cifre ridicole. Sono però gli ultimi gesti umani che resistono. Ormai passa tutto dal computer centrale.

I libri della casa editrice Feltrinelli hanno un trattamento di vantaggio?
C'è una vecchia leggenda che dice che all'inizio il marchio Feltrinelli doveva avere una navata principale all'ingresso. Poi è cominciata a indietreggiare sempre di più e adesso nel 50% dei punti vendita non esiste più.

Almeno la casa editrice funziona bene?
Siamo passati dal Dottor Zivago a Ligabue e Jovanotti. La filosofia? Boh. La sociologia? Boh. Avevamo una collana che tutti gli psichiatri e gli psicologi italiani compravano. Era una collana di riferimento. Non la fanno più. Stampano Jodorowsky perchè è diventato un punto di riferimento per quelli che seguono la new age, la Allende ormai vende quelle tre copie all'anno. Quali sono stati i libri più venduti di Feltrinelli? Stefano Benni, Beppe Grillo. Per carità bravi però siamo fermi lì. Il livello è molto più basso.

Ricordo che sul sito c'era un testo dove spocchiosamente dicevano una cosa del tipo: "Non mandateci testi da leggere...perchè non abbiamo tempo": Ma tu guardati i cataloghi degli ultimi due anni. Sono indecenti. Einaudi se li mangia. Quando c'è una promo Einaudi vendi quattro volte di più. E se pensi che tutto è nato con il Gattopardo!?!?! Mi sembra che anche nel vostro "Annuario" del 2006 su 50 titoli ci siano solo tre Feltrinelli. Il 6 per cento?
Ormai le case editrici di Berlusconi (Baldini e Castoldi, il Saggiatore, Einaudi, Sperling & Kupfner) fanno il 70% del fatturato.
Il nome "Feltrinelli" si salva solo per la storia. Uno scarso servizio dentro Feltrinelli viene accettato dal pubblico che magari non perdona certe defaillance da, chessò Mondadori.
Come funziona la gestione degli eventi musicali?
Chi offre il prezzo più alto. Gli accordi gestiscono il 50 per cento degli eventi, libri o musica. Gli altri vengono decisi da chi gestisce lo spazio, ma gli eventi più belli sono quelli "imposti". I più famosi o bravi non vengono gratis. Ci puoi venire te come Mucchio o quelli che fanno dischi per il "Manifesto".

Molti eventi servono per riempire gli spazi, far venire la gente.
Pensi che non ci venderanno più IL MUCCHIO nelle librerie?
Beh. Il rischio c'è. D'altra parte se vuoi scrivere quello che pensi c'è da pagare un pegno. E' la vita e credo che tu lo sappia bene. Però, consolati, pensa a quanti dipendenti Feltrinelli compreranno questa copia.
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4.06.2007


Sul sito si può leggere un estratto dell'intervista:La Feltrinelli

Da qualche anno la gestione delle Librerie Feltrinelli, diventati “Megastore” con l’acquisizione delle vecchie Ricordi, è in mano a manager Bocconiani usciti dalla Gs. La qualità del servizio è crollata, i lavoratori sembrano sfruttati senza ritegno. L’anno scorso sono scesi in sciopero. A distanza di un anno forse la situazione è ancora peggiorata. C’era una volta un’azienda che puntava tutto sulle risorse umane. Dove lavorare era un piacere. C’era una volta appunto. Ne parliamo con un ex direttore, da poco felicemente approdato a un altro lavoro, che mantiene stretti rapporti con suoi ex dipendenti.A seguire un estratto dell’intervista pubblicata sul Mucchio di aprile, n.633.L’anno scorso, di questo periodo, siete andati su tutti i giornali per il primo sciopero dei lavoratori delle “Librerie Feltrinelli”. Fu un caso nazionale. Molta gente non si capacitava. Per molti era come andare contro la propria madre. Poi è tutto finito lì. Quali erano i problemi allora, quali sono oggi e perché non ci sono stati altri scioperi? A leggere il blog (http://effelunga.blogspot.com/) ne succedono di tutti i colori.Le cose sono cambiate nel momento in cui si è messo tutto in mano a gente (Giambelli, Sardo e compagnia) proveniente dalla GS. Mentre contemporaneamente la vecchia dirigenza, gente con le palle come Montroni o Antonini, è stata fatta fuori. Ovviamente con l’approvazione della famiglia Feltrinelli. La conduzione delle librerie è stata equiparata alle logiche commerciali di un supermercato. Mobbing, sfruttamento del personale, riduzione dello stesso etc. Senza contare l’atteggiamento strafottente.Insomma le “Librerie” erano un’altra cosa?Direi. Ma Cristo, non usare più questo nome storico. Chiamale “Le Fonderie Feltrinelli”! Ormai gli operatori sono trattati da operai. Sei un numero. Se mi stai sulle palle per qualche motivo ti mando a Treviso. Tu che mi dici? Molti alla fine mollano. Esistevano una marea di part-time per esempio. Tu per lavorare la domenica vuoi 100 euro? Vabbè, non mi servi. Stattene a casa. Prendo un part-time con contratto a 3-4 mesi a 20 ore e gli faccio fare 10 ore il sabato e 10 alla domenica e mi costa di meno. Adesso anche loro sono stati tutti spazzati via dalla restrizione degli organici. Bisogna farsi un’altra domanda. Come ha fatto Feltrinelli a diventare quello che era? Perché c’era la sensibilità di gestire bei libri, un bel catalogo e la volontà di essere vivi culturalmente. Una volta la “testata di banco” la facevo io perché mi era piaciuto un libro sulla filosofia orientale e lo inserivo. Ne ordinavo 30 e lo consigliavo perché era un bel libro. Adesso quello spazio è venduto al miglior offerente. C’è Bruno Vespa da vendere. Esiste questo mito che associa al nome Feltrinelli la cultura, condizioni dei lavoratori da prendere come esempio, ma non è affatto vero. Siamo trattati come bestie. Tanto è vero che il loro editore di riferimento è Berlusconi e associati. Che è anche giusto, vista la quota di mercato, ma si sono superati certi limiti. Tempo fa venne Carlo Feltrinelli da me e mi chiese “come mai c’è un’esposizione così forte della Mondadori e i libri della Feltrinelli non si vedono?”. Io gli risposti “dovresti parlare con i nostri-tuoi manager. Ce li hai messi tu mica io!”. I manager d’altra parte devono fare fatturato e spingono Mondadori che pubblica Vespa etc. Però domando, tanti anni fa avrebbero preso come adesso tutti gli anni le 1000 copie del solito libro di Vespa? Prendiamone solo 400 e le altre 600 magari ce le giochiamo con 10 libri buoni del piccolo editore. Magari anche di Rizzoli. Adesso siamo un punto vendita di Berlusconi. All’entrata dei nostri negozi non esistono più le “macchie” degli editori. Perché devo fare un lavaggio del cervello a chi entra parlando di Vespa etc. Una volta aiutavamo la piccola editoria a crescere. Uno come Donzelli l’abbiamo aiutato moltissimo, ma una volta eravamo librai adesso siamo smerciatori di libri. Anzi, di oggetti.Max Stefan


Feltrinelli, quella risposta che non c'è

La faccenda sta girando in queste ore: appresa l'esistenza, nel numero appena pubblicato, di una inchiesta sulle critiche condizioni di lavoro all'interno della catena “Feltrinelli”, il prestigioso marchio editoriale ha reagito rimuovendo il Mucchio dai suoi scaffali e cancellando alcune presentazioni del giornale già fissate a Milano e Roma. La tesi di fondo, sviluppata dal direttore Stéfani (mentre chi scrive ha proposto, di spalla, un servizio generale sull'attuale situazione del precariato in Europa e in Italia), è che questo nome storico della cultura si è ormai, come altri, managerializzato, dal che consegue lo sfruttamento più o meno sistematico di chi per questo nome a vario titolo lavora.
La reazione fulminea di Feltrinelli ha avuto in sé qualcosa di paranoico e di paradigmatico insieme: vorrei dire di manageriale. Personalmente non credo che nel sancta sanctorum di Feltrinelli si siano stracciati le vesti: più verosimilmente, si sono limitati a depennare una rivista caduta in disgrazia, con gelido e pavloviano approccio manageriale: il che significa pragmatico, acritico, impersonale.
La situazione, naturalmente, travalica l'ambito ristretto della vicenda in questione per sconfinare nel rapporto, a tutt'oggi mai precisato nei suoi limiti e confini, fra cultura e gestione della stessa. Naturalmente, dati i tempi, l'evoluzione dell'economia, la vittoria della democrazia sul comunismo e, in parallelo (ma non automaticamente!), l'affermarsi della dinamica di mercato, non sarebbe pensabile gestire realtà culturali-editoriali-commerciali fattesi così complesse senza un approccio tecnico-scientifico adeguato; il problema sorge quando l'area delle decisioni invade la sostanza dell'oggetto deciso, ovvero della merce trattata, che nello specifico è merce culturale. In un caso come questo, riemerge in tutta la sua urgenza la necessità di stabilire freni ragionati, meditati, ma fermi, tra ciò che viene trattato e le figure che, salendo di sovrastruttura, lo trattano.
Più nello specifico, non è vero che ogni merce sia fungibile ai fini del mercato, e che ogni manager (qualsiasi cosa questa categoria ormai inflazionata significhi oggi) sia di per sé competente a maneggiare qualsivoglia tipo di prodotto. Non stiamo ad allungare il brodo con il solito dramma dei vincoli imposti ad un foglio considerato come dissidente, perchè di questo passo si finisce senza scampo nell'autocompiacimento del vittimismo, del martirologio, della censura subita, degli eretici di professione. Ciascuno tragga le conseguenze che crede di fronte a una situazione come questa che ci riguarda: a noi basta, qui, fermare che rimuovere una rivista che si occupa di attualità, cronaca, manifestazioni legate all'arte e alla cultura, non è (non può essere) come eliminare dal catalogo una marca d'acqua minerale o di telefonini. Non solo perchè si investe il delicato, fragile - per consistenza e per resistenza - ambito delle opinioni espresse. Ma anche, e forse principalmente, perchè un veicolo in senso lato culturale negato equivale a una censura non tanto su chi la subisce: ma su chi fruisce abitualmente di quel veicolo, e non può più trovarlo in quella sede. Feltrinelli avrebbe potuto mandare una nota di protesta o di precisazione o di risposta agli assunti nell'inchiesta; avrebbe potuto anche invitare i rappresentanti della rivista a un confronto pubblico, magari in loco, magari per smentire coi fatti quanto affermato nel servizio “incriminato”: che nessuna di queste opzioni siano state adottate, qualcosa vorrà dire: anche su questo, lasciamo l'interpretazione a chi legge (anzi, non legge più).
Un'altra cosa, infine, va fermata, per amore di verità e per il rispetto che si deve alle parole. Qualcuno ha sostenuto che la scelta di Feltrinelli di rimuovere un giornale fattosi sgradito è una scelta pienamente democratica e come tale da rispettare: e, fino a qui, siamo nel campo della tautologia, che non viaggia mai sgravata dalla soma della banalità: a casa sua, ciascuno fa quello che crede. Il discorso, però, non sta più in piedi se, in esso, si contesta una matrice censoria: questa matrice c'è. Perchè un conto è rifiutare una testata dall'inizio, in quanto incompatibile con il ventaglio ideologico e culturale normalmente offerto (che in Feltrinelli è praticamente onnicomprensivo); un altro conto è rimuoverla di punto in bianco, quella testata, per fatto personale. Se non è censura questa, non so che cos'altro lo sia.
Massimo Del Papa